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Anno edizione: 2014
Indice
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Un libro senz'altro interessante, che si concentra, però, quasi esclusivamente sul caso americano, contesto dove vive e lavora l'autrice. Negli USA i corsi di laurea sono strutturati in maniera differente rispetto all'Italia, per non parlare del modo in cui vengono concepiti gli studi umanistici. Dal punto di vista di un umanista italiano il discorso svolto dalla Nussbaum è in parte avvilente, e fa rientrare nel termine cultura umanistica solo la letteratura mentre appartengono alla stessa sfera di competenza un numero di discipline che hanno risvolti anche dal punto di vista materiale (penso all'archeologia ma anche all'archivistica). Quindi il messaggio della cultura umanistica che serve è quello della letteratura, che con i suoi testi fa riflettere, fa sognare, non è totalmente corretto. La cultura umanistica, e qui penso alla storia, serve per sapere come comportarsi nel futuro sapendo leggero il passato, e non semplificandolo come vorrebbero i programmi ministeriali. Un libro quindi, che offre un diverso punto di vista, ma, per quanto riguarda i discorsi portati avanti, non direttamente applicabili al caso italiano, per il quale si attende un saggio che vada al di là dei molti stereotipi ormai abusati da tutti.
Come recita il sottotitolo, il saggio pone l’accento sulla necessità di integrare nei curricoli formativi quelle discipline che ne sono state emarginate o espulse in nome di una idea distorta di progresso, così da far posto anche ai saperi non immediatamente spendibili a fini di profitto, quei saperi non mirati a un lavoro routinario ma essenziali per eseguire un’attività che necessiti di brillantezza di pensiero, capacità critiche, flessibilità di approccio, creatività. In termini più ampi, scegliere se la formazione ha il compito di preparare quadri servili e di addestrare individui perché obbedienti svolgano compiti ripetitivi, come pare oggi si vada affermando in ossequio al mercato; o se invece la sua funzione è quella di sviluppare soggetti ben informati e capaci di un pensiero autonomo fuori dagli stereotipi culturali, in grado perciò di partecipare in modo pienamente consapevole e responsabile ai processi democratici. Se si opta per questa seconda via sarà necessario abbandonare modelli pedagogici di apprendimento meccanico e accantonare il teaching for testing e le prove standardizzate, per evitare scarsa capacità di ragionamento, fretta, egoismo e povertà di spirito, tutti rischi che la studiosa intravede nelle democrazie di oggi.
Recensioni
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