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Non m'importa se non hai trovato l'uva fragola - Giulia Fiorn - copertina
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Non m'importa se non hai trovato l'uva fragola
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Non m'importa se non hai trovato l'uva fragola - Giulia Fiorn - copertina

Dettagli

1996
1 gennaio 1996
224 p.
9788886142236

Voce della critica


recensione di Marchetti, M., L'Indice 1997, n. 1

Giulia Fiorn, classe 1919, esordiente, ci appare bambina - sulla copertina del volume elettivamente pubblicato dalla raffinata editrice torinese di via Cernaia nella collana "Le radici" - in una bellissima fotografia di famiglia: è lei, inconfondibilmente, con i suoi occhi scintillanti di vita e di curiosità, ad animare il gruppo, per il resto un po' in posa. È lei, Giulia Liliana o Lilliana Giulia, il cui nome dall'incerta foggia anagrafica costituisce un originario segno di diversità, è lei, la bambina strabica, il cui sguardo divaricato vede cose che gli altri non possono vedere. E come appare nella foto, così emerge dalla scrittura: c'è come una persistenza, un misterioso corto circuito, tra l'antica immagine seppiata e l'accattivante narrazione di oggi.
Nel romanzo, vincitore ex aequo del premio Calvino 1994, Giulia Fiorn ci narra - e si rinarra - la sua infanzia negli anni venti, tra campagna e città: tra un Monferrato per molti versi ancora arcaico, con gli immemoriali riti della vendemmia e dei falò, con le incomprimibili accensioni sessuali, e una città provinciale come poteva essere l'Asti di quegli anni, con i suoi piatti riti piccolo-borghesi, dove un banale pettegolezzo da caffè poteva assumere un andamento pericolosamente ciclonico. La selezione dei fatti è la selezione dell'infanzia: la storia maiuscola non appare che per cenni impercettibili; ma qua e là appaiono segni lessicali che forniscono una sorta di archeologia del costume: "schiavandari", "galera", "veletta", attraverso cui si apre come uno spiraglio su di un mondo scomparso, dove c'erano dei paria bracciantili e il lucido dei pavimenti si otteneva con la fatica muscolare, e quando l'eleganza femminile prevedeva ancora nascondimenti.
Giulia Liliana è la "pietra scartata" (primitivo titolo scelto dall'autrice) - abbandonata per tre anni alle cure di una balia di campagna, prima, e, poi, dimenticata in casa - all'interno di una famiglia che sta conquistandosi spazio e rispettabilità nella cerchia borghese, sotto la pervicace guida materna: Giulia, tutta immaginazione e sensorialità - e soprattutto odorato, il senso per eccellenza represso -, si rivela irriducibile alla logica della forma e delle convenzioni, di cui la madre è inflessibile vestale, in una primordiale relazione di odio e disconoscimento reciproci. La singolare capacità della Fiorn di transustanziare il dolore in gioia di vivere (e sono davvero tante le esperienze angosciose e drammatiche di Giulia), la calviniana "leggerezza" di una scrittura che sa contrastare l'opacità del mondo vengono ben colte dalla frase scelta come titolo editoriale. "Non m'importa se non hai trovato l'uva fragola" è la dichiarazione d'amore incondizionato della bimba per il padre, il prinsi, il bello e sorridente, ma anche lontano e smemorato, principe delle favole; medesimo amore di cui lei investe tutte le persone che la seducono perché la amano: "L'amai come si ama a tre anni, e per sempre", dice di uno dei tanti personaggi eletti al proprio affetto. Ma anche, lo stile della Fiorn, ed è questo forse il suo maggior incanto, si caratterizza per la "visibilità", il potere di creare immagini. Nel caleidoscopio delle figure spicca la maestra Zotta, una magica Mary Poppins inizio secolo, che con i suoi bizzarri cerimoniali domestici e i suoi giochi didattici coinvolge per sempre la selvatica bambina nel piacere della cultura. Il tempo della narrazione è, sì, un tempo di memoria fatto di ricordi, ma di ricordi anche ricostruiti attraverso il racconto, mille volte ripetuto, che gli adulti fanno (facevano!) ai bambini degli eventi fondativi della loro infanzia, di ricordi forse costruiti e perfezionati da Fiorn in un'inesausta ripetizione orale. Dall'oralità alla scrittura, senza nostalgia, con levità, con sapore: il miracolo della bimba "bariccia".

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