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Un libro scritto col cuore, prima che con i tasti del pc. Pensato, vissuto, ma soprattutto vero. Paola racconta la storia di una ragazza diversa come se si trattasse di lei. Lascia cadere il velo della diversità un passo per volta facendoci capire che spesso i mostri sono in casa e non fuori. Il personaggio principale è una ragazza, ma ama le donne. Ama punto, non c'è altro da dire.
Bel libro. Ne ho letto recensioni in sito dove non sono capitata per caso ... .
incoraggiata da diverse critiche positive raccolte spolpando qua e là siti in cui ero finita casualmente mi sono letta l'opera della presciuttini, calata in quel contesto un po' livido e un po' surreale della rosignano bianca e velenosa. (lei, rosiganano, il vero oggetto della mia curiosità). l'autrice ha sicuramente una padronanza del mezzo cartaceo che la rende lieve e penetrante al contempo, una sensibilità pugnace con cui viaggia attraverso gli enigmi della ricerca dell'identità sessuale con scoperta, grazia, e insieme concretezza; ma la storia resta poco convincente, abbastanza scontata e comune. come dire "elogio della forma ma non del contenuto", in quest'opera che pare destinata perlopiù ad un pubblico di giovani e giovanissimi, perchè ne cavalca le gesta, esasperandole e caricaturandole nella disperata controversa figura di Pedro, in quella ricerca di un sè che non sempre è percorso chiaro, nè tantomeno cosciente. la maestria con cui l'autrice ci dipinge scene e scenari che quasi pare di toccarli e di viverli personalmente, si stempera alle volte in facili battute infantili, suoni onomatopeici che fanno da riverbero a dialoghi non proprio strutturati, probabilmente figli di una storia con non molti spunti e al servizio di un "verismo" che passa anche attraverso la riproduzione del lessico adolescenziale. protagonista parallela anche se più marginale (ma certamente più inquietante e subdola) è la rosignano solvay foriera di facili nonchè pericolose illusioni: bianca solo per colore ma livida come un veleno omertoso, di cui molti sanno ma pochi ammettono di sapere. in questo scenario tetro, che di bianco ha solo gli scarti inquinanti dell'industria sovay, si dipana una storia che è soprattutto cronaca dell'esasperata ricerca del sè, passando attraverso immagini delicate e forti, penetranti e liriche, che valgono da sole, a mio avviso, più della trama. carina l'idea di non rivelare il nome (non dire il mio nome, appunto, sino in fondo) se non in ultima, ultimissima istanza.
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