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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2013
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concordo con tutti i giudizi negativi; ad un certo punto mi sono chiesto se fosse semplicemente scritto male o, se al limite, non fosse anche tradotto male...però, dato il finale, direi la prima....
Il libro è noioso; concordo sui giudizi prevalenti dati anche per quanto riguarda i dialoghi, Insomma un libro insufficiente. Avevo letto altri due precedenti libri della stessa autrice e mi erano piaciuti.
Mi associo ai giudizi negativi, il libro comunque si lascia leggere fino in fondo, io non ho nemmeno letto il precedente, trovando questo nella libreria di famiglia, lo avrà comprato qualcuno chissà perchè, ho visto che è del 2004 e avrebbe necessitato la lettura del precedente, essendo questo il secondo libro della serie Serie di Johanne Vik e Yngvar Stubø. I dialoghi non son nulla di che, il finale bè meglio non dir nulla ma credo convenga premettere che resta aperto, non credo proprio leggerò il seguito. Non so se è questa scrittrice o un caso, ma credo di non amare molto gli scrittori nordici...anche Mankell ha sti dialoghi che non mi convincono... questo piangersi addosso, che dovremmo fare noi italiani allora ? non so i personaggi mi mancano di realismo sembrano tristi, spenti, vuoti... anche se mi resta comunque il dubbio che la colpa sia mia di non "capire" l'animo nordico...
Recensioni
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Dopo il successo di Quello che ti meriti (Einaudi, 2008), ottavo romanzo della più amata giallista norvegese, è arrivato nelle nostre librerie Non deve accadere, incentrato sulla stessa coppia di investigatori della polizia di Oslo, Johanne Vik e Yngvar Stub°, divenuti nel frattempo marito e moglie. In Quello che ti meriti il tema affrontato era quello della violenza sui bambini; Non deve accadere ruota invece intorno alle ambivalenze della popolarità mediatica, che a volte finisce per trasformare i propri eroi in vittime espiatorie. Della realtà norvegese, Anne Holt ha una straordinaria conoscenza di prima mano: l'ha maturata lavorando come avvocato penalista, anche all'interno di un dipartimento di polizia, affermandosi come giornalista televisiva e addirittura ricoprendo, nel 1996-97, la carica di ministro della Giustizia. Ma quel che più colpisce in lei è la capacità di cogliere, nello specifico della sua piccola patria, tendenze e fenomeni di portata mondiale.
Un esempio perfetto lo forniscono le tre vittime di Non deve accadere: una "signora della televisione" alla Maria De Filippi, specializzata nel mettere in scena agnizioni strappacuore tra figli abbandonati e genitori scomparsi nel nulla; la giovane, elegante e bellissima rappresentante politica di un partito populista e conservatore, liberista e xenofobo; un giornalista che si atteggia a implacabile denunciatore di scandali ma il cui vero obiettivo è "arrivare" con qualunque mezzo. Sarà Johanne Vik, che si è formata come profiler negli Stati Uniti, a intuire il filo contorto che lega fra loro i tre delitti, alla cui origine confluiscono le dinamiche della società dello spettacolo e quei meccanismi di invidia e gelosia che René Girard ha indagato sotto il nome di "desiderio mediato". Ma Johanne non è messa sulla strada giusta soltanto dalla sua preparazione professionale: i tre omicidi del "killer dei vip" sono una sorta di messaggio che l'assassino rivolge proprio a lei, e che allude in forma cifrata a un episodio della sua vita passata.
Questo coinvolgimento diretto dell'investigatore, che comporta il riemergere di un passato rimosso dai risvolti oscuri, è molto più utilizzato nel giallo contemporaneo che in quello che siamo soliti considerare "classico". Nell' ultimo Fred Vargas, ad esempio, i sospetti di Adamsberg cadono su un giovanotto che gli rivela di essere frutto di una sua giovanile sventatezza; Kay Scarpetta, nel romanzo omonimo appena pubblicato da Cornwell, vede svelati in internet (con scopi diabolicamente precisi) i segreti più imbarazzanti della sua adolescenza. Sarebbe stato impensabile, in altri tempi, che nel bel mezzo di un'inchiesta di Poirot o di Maigret spuntasse all'improvviso tra i sospetti un loro figlio naturale, o che un antico ammiratore, o una rivale invelenita, ricomparissero a tormentare miss Marple, coinvolgendola per vendetta in qualche disegno criminoso. Proprio alle origini del giallo moderno troviamo però un precedente illustre: Il mistero della camera gialla (1907), di Gaston Leroux, in cui l'investigatore-giornalista Rouletabille si scopriva figlio della giovane donna il cui tentato assassinio in una camera ermeticamente chiusa era oggetto della sua indagine.
Mariolina Bertini
Che Anne Holt sappia di cosa si parla quando si profila un delitto, possiamo ben dirlo. Giornalista televisiva, avvocato penalista e poi poliziotto, fino a ricoprire l'incarico di ministro della Giustizia, la scrittrice norvegese ha un curriculum che farebbe invidia ad ogni giallista. Un'esperienza diretta, sul campo, che le consente di penetrare nella profondità dei personaggi, della scena del crimine, dei meccanismi investigativi.
Giunta al suo dodicesimo romanzo pubblicato in patria e tradotta in venticinque lingue, Anne Holt pubblica il suo terzo titolo in Italia. Il primo (Sete di giustizia, Hobby & Work Publishing 1999) aveva per protagonista l'arrogante investigatrice lesbica Hanne Wilhelmsen ma, nonostante i riconoscimenti internazionali, ha avuto scarso seguito. è stata invece la variopinta coppia investigativa formata da Johanne Vik e Yngvar Stubø a conquistare il pubblico italiano con il primo titolo della serie, Quello che ti meriti, (Einaudi, 2008). Lei è una delle migliori profiler sulla piazza, capace di correlare assassinii avvenuti in luoghi e tempi lontanissimi, lui è un detective impulsivo e geniale, con un fiuto infallibile. Entrambi hanno alle spalle una storia triste e difficile: Johanne ha una figlia con dei problemi mentali che nessuno è riuscito a identificare, Yngvar ha recentemente perso in un incidente stradale sua moglie e sua figlia. In questo nuovo episodio della serie i due, dopo essersi sposati, hanno appena avuto una bambina, ed è proprio il giorno del parto che la polizia di Oslo rinviene il corpo di una donna brutalmente assassinata.
Tagliente come una lama, implacabile e lucida, Anne Holt penetra nelle dinamiche perverse che muovono la mano del serial killer. La psicologia delle sue azioni e dei suoi movimenti, gli indizi lasciati ad arte per far aumentare in maniera esponenziale la tensione: tutto l'impianto narrativo ricalca le caratteristiche tipiche del giallo scandinavo. Una prosa asciutta, una precisione chirurgica nella presentazione dei personaggi, e quelle atmosfere crepuscolari e rarefatte tipiche delle terre del Nord. Un marchio distintivo che dopo Persson, Larsson e la coppia di giallisti svedesi Sjöwall e Wahlöö, ritorna con questa autrice norvegese. Un nuovo talento con in più una capacità tutta femminile di affiancare al noir le problematiche umane e sociali dei protagonisti. Dalla difficoltà personale di superare il lutto e la paura per i propri cari, alle questioni sociali che affliggono la patria del Welfare State e della libertà dei costumi. Il nucleo centrale del romanzo della Holt è infatti la triste constatazione che, anche in una società progredita come quella norvegese, ci sia chi ricorre alla violenza più estrema per ritrovare il brivido perduto dell'avventura, ci sia chi non è più in grado di distinguere le proprie colpe.
Un libro che traccia un'immaginaria linea di confine con la metà oscura della Norvegia, con un mondo misterioso e contraddittorio, che d'ora in poi inizieremo a guardare con occhi diversi.
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