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Recensioni Noi felici pochi

Noi felici pochi di Patrizio Bati
Recensioni: 4/5

Il grande esordio di uno scrittore che non può esistere con la sua vera identità.

«Se eravamo finiti in quel casino, la colpa era di Andrea. Era stato lui a mettersi alla guida da ubriaco. Lui a ignorare le mie richieste di fermarsi. Lui a tagliare le curve come un pazzo. Lui a farci finire fuori strada.
Però, nonostante tutto, lo capivo... anche io ne avevo fatte, di cazzate...
Stadio droga, risse: noi ne uscivamo sempre indenni. Eravamo dei privilegiati.
Protetti da una speciale immuità, acquisita dalla nascita, che ci avrebbe condotto verso il successo a cui eravamo destinati.»

Tutte le persone di cui si parla nelle scene di violenza descritte in queste pagine sono state realmente aggredite e malmenate, in un passato così scabroso e delirante da non poter essere rievocato che in forma romanzata, in un libro che porta all'estremo l'autofiction letteraria italiana. Sono cresciuti insieme, Patrizio, Angelo e Andrea. Sfrontati rampolli della "Romabene", vissuti nella consapevolezza di avere il diritto, sempre e comunque, di soddisfare i propri desideri. Figli modello di magistrati, professori e medici, sono teppisti, fascisti e psicopatici: praticano – con meticolosa e sistematica ferocia – atti di violenza su vittime indifese, quasi sempre scelte a caso. Risse, aggressioni, pestaggi. Sangue. Sangue su zigomi, mani e asfalto. Immacolate soltanto le camicie su misura (bianche o celesti, button down, cotone egiziano ritorto con cuciture doppie all'inglese), sacre per loro come le vacche per gli indiani. Ragazzi legati da un vincolo d'amicizia e di complicità che pare indissolubile ma che un'estate, ubriachi dopo la discoteca, un incidente rischia di compromettere per sempre: l'auto esce di strada tra il Circeo e l'Argentario, restando in bilico aggrappata a una roccia. Anni di feste, discoteche, stadio, trasferte, cori, risse e braccia tese – anni di vita condivisa – non bastano a farli restare uniti in una situazione che si aggrava col passare dei minuti. Pagine travolgenti. L'urlo di rabbia di ragazzi intrappolati nel silenzio di famiglie benestanti, tenute insieme da sorrisi di facciata. Anatomia di una generazione di psycopariolini. Una narrazione potente e maleducata che ha il coraggio di affrontare la violenza a viso aperto e di mostrare il rovescio delle cose: la meglio gioventù e i suoi peggiori istinti. La scrittura è netta, feroce, pulita, martellante. )
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