Il siciliano Giuseppe Antonio Borgese (1882-1952) è figura di spicco dell'Italia della prima metà del secolo scorso. Il suo capolavoro, il romanzo Rubè (1921), si colloca degnamente nel filone in cui (alla fine di un percorso aperto dallo Svevo di Una vita e marcato dalle opere narrative di D'Annunzio) si ritrovano anche Gli Indifferenti di Moravia o Adamo di Eurialo De Michelis: il filone dell'introspezione dell'eroe più o meno nietzschiano nelle sue rivolte e nella sua delusione e finale sconfitta. Una giusta attenzione viene ancora portata al saggio sulla critica letteraria del romanticismo pubblicato da Croce nel 1909 e al pamphlet sul fascismo, Goliath, uscito negli Stati Uniti nel 1937. Sulla figura di Borgese ha pesato a lungo l'equivoco di una sua compromissione con Mussolini prima della scelta di unirsi (tardivamente) ai docenti universitari che nel 1931 rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, pagando con l'estromissione dall'insegnamento. L'episodio è uno dei punti fermi dell'antifascismo militante, ed è comprensibile che l'adesione ritardata di Borgese (a quell'epoca docente, alle dipendenze del ministero Affari esteri) possa aver determinato un’incomprensione da parte del puntiglioso antifascismo dell'immediato dopoguerra. La figura di Borgese meriterebbe comunque un’ampia biografia, portatrice sicuramente di particolari importanti sulla società e la vita culturale del paese in un'epoca decisiva.
Quella che ci presenta oggi Librizzi non è ancora questa auspicata biografia. Pur a tratti un po' enfatica e agiografica, segue però con apprezzabile ampiezza le vicende dello scrittore fin da quando, giovanissimo, fu impegnato come agitatore interventista, per poi, coerentemente, andare in guerra come volontario. Durante il servizio militare fu addetto a delicati incarichi presso la Presidenza del Consiglio. In questa veste, come negli anni del dopoguerra, Borgese svolse una forte attività diplomatica e politica, finalizzata a individuare una soluzione ai problemi posti dalla dissoluzione dell'impero austroungarico nell'area del Balcani. Inizialmente filogermanico (analogamente a molta della cultura del tempo, da Croce a Gentile, piuttosto ostili al democraticismo e individualismo francesi) divenne docente, giovanissimo, di letteratura tedesca (a Torino e a Roma). Fu anche giornalista politico, arrivando a collaborare al “Corriere della Sera”, che lascerà nel 1912. Certamente, nei confronti del Mussolini salito al governo e da lui conosciuto, Borgese ebbe qualche tentennamento, ma non fu il solo intellettuale a coltivare l'illusione di poter condizionare il leader fascista. Nel 1931, deluso, si trasferì negli Stati Uniti e ne tornerà solo nel dopoguerra. Il libro, in elegante custodia, si arricchisce di originali box con documenti e scritti di Borgese che avvicinano il lettore alle vicende narrate, ma soprattutto della pubblicazione, anche in fascicolino separato, delle due lettere che Borgese scrisse a Mussolini nel 1933 e nel 1934 per difendere e anzi rivendicare la sua rottura. Edito a cura della fondazione Borgese, che pubblica anche un Catalogo e che, nel 2011, ha organizzato un convegno di studi su Rubè.
Angiolo Bandinelli