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Vincitore del Premio Strega 1993
«Febbrile, delirante, iperbolico, a suo modo innocente: ecco com'è il Rea migliore. Si pensi alla carnalità, suggestiva e spropositata, di certe sue figure: non ultima quella di Miluzza, in "Ninfa plebea"» – la Repubblica
Miluzza, poco più che bambina e cresciuta nella povertà di un misero basso, comincia a sbocciare e ad attirare gli sguardi voluttuosi di vicini di casa e signori. Siamo a Nofi, la cittadina campana d'invenzione sfondo di molte opere dell'autore, e sono gli anni prima della seconda guerra mondiale. Tutto intorno a lei è miseria, dissolutezza e meschinità, e la sua educazione sentimentale potrebbe diventare una discesa agli inferi. Eppure, come per miracolo, la sua purezza non è scalfita da quel mondo squallido di uomini alla ricerca del piacere. Miluzza è pura forza vitale, coraggio e voglia di non soccombere ai pericoli che le si parano davanti sul cammino. Domenico Rea narra con uno stile a tratti aspro e a tratti lirico la storia di una stella terrena, affrontando con coraggio un tema a lungo rimosso nella letteratura: quello delle infanzie rubate, dei corpi di giovani donne offesi e violati da uomini senza scrupoli.
Da questo libro è stato tratto il film omonimo del 1996 diretto da Lina Wertmüller con Stefania Sandrelli e Raoul Bova.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Di Domenico Rea avevo letto i racconti contenuti in "Spaccanapoli," libro che non mi aveva entusiasmato ma che, a grandi linee, avevo trovato interessante, Mi aspettavo molto di più da "Ninfa Plebea," vincitore del Premio Strega nel lontano 1993, ma sono rimasto assai deluso in quanto la storia di Miluzza Ferrigno non è costruita male ma, purtroppo, è inspiegabilmente rovinata dalle troppe e inutili descrizioni disgustose, che rasentano la pornografia, sulle quali Rea si sofferma con un evidente compiacimento. L'eccessiva e gratuita volgarità presente in quest'opera non mi invoglia a cimentarmi con altri lavori di questo autore.
Lasciarsi catturare dal flusso mirabolante del linguaggio fiorito e pittoresco è stato un piacere. Una storia che somiglia ad una de "Lo cunto de li cunti" di Basile ed insieme è realistica fino ai dati più concreti di una vita povera e contesa tra gli istinti e le convenzioni, in cui fiorisce la povera Miluzza, travolta dagli eventi e salvata infine dalla ventura/Sventura di essere troppo bella...
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