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Direi “niente di nuovo sotto il sole”, una lettura sulla crisi di un legame che non brilla né per l’originalità della trama, né per il lavoro di caratterizzazione dei personaggi (che presentano tratti culturali e psicologici un po’ troppo estremizzati e stereotipati, secondo me), ma capace a sprazzi di coinvolgere, e di instillare stati d’animo nel lettore forieri di riflessioni su temi importanti. Mi è sembrato che la storia si avvolga su se stessa senza sviluppi sostanziali, che l’autrice abbia ecceduto nell’allungare il brodo di un plot piuttosto esile, chiudendo il cerchio con un finale aperto che lascia il tempo che trova, praticamente un escamotage per togliersi dagli impicci, a mio parere. In definitiva, ci sono stati momenti in cui ho provato una grande pena per i figli, le vittime innocenti del fallimento di questo legame tra irresponsabili, un eterno Peter Pan e una fragile ex-pseudo-disadattata; ci sono stati episodi che mi hanno fatto provare una forte insofferenza per questi due adulti più infantili dei propri figli; il passo finale che riguarda i due coniugi anziani del tavolo vicino a quello dei protagonisti mi ha toccata fino alla commozione, ma nel complesso, e soprattutto in confronto ai numerosi punti deboli del romanzo, mi sembra molto poco per congedare questa lettura con un ricordo piacevole.
Margaret Mazzantini lascia sempre senza fiato. Una scrittura che si adatta, si piega alla storia per renderla ancora più vera di quanto possa sembrare. Frasi cortissime, quasi scritte con un linguaggio più proprio a un social che a un romanzo. Ma coglie nel segno, lasciandoci attoniti davanti alla violenza triviale delle parole che inutilmente tentano di colmare il vuoto delle esistenze dei protagonisti, ormai privi d'amore dopo che hanno soffocato le proprie passioni per inseguire i miti vacui del nostro tempo.
con grande fatica ho finito di leggere questo libro adatto ad un psicopatico tanto e' angustiante, deprimente, allucinante, irreale e triviale. Questo e' il terzo libro della Sig.ra Mazzantini che leggo ed il mio gradimento e'sceso a ogni libro. Per quanto possa valere, questo sara' certamente l'ultimo.
Recensioni
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Gaetano e Delia si sono lasciati. "Sono ancora abbastanza giovani. Due ragazzi, si direbbe a vederli passare nei vetri di una macchina parcheggiata". Si rivedono per una cena: molti discorsi sono rimasti in sospeso, le ragioni della separazione, l'educazione dei figli. La tabella di marcia del rancore cosa segna? La trattoria l'ha scelta Gaetano detto Gae: "Voleva metterla a suo agio, ecco tutto. Per una sera almeno. Tornare a essere meno pesanti insieme". Non ci riescono. L'aria sembra caricarsi di elettricità, il nervosismo cresce; Delia misura quasi palmo a palmo la vastità del cambiamento di Gaetano e lo confronta con il proprio, viene attraversata da ondate di rabbia.
Margaret Mazzantini, con efficace tecnica di montaggio, alterna il presente di questa resa dei conti con gli istanti più felici e i più critici della vita trascorsa insieme. L'autrice orchestra con cura lo stridore fra l'appassionata felicità soprattutto fisica degli inizi della relazione con il risentimento anche violento della fine. Lo fa usando una strategia linguistica precisa, che fa della velocità e brutalità i suoi punti di forza: il respiro ampio di Venuto al mondo (2008) si è fatto corto, se non spezzato. Lo spazio che in quel romanzo, così come in Non ti muovere (2001), era riservato all'organico e al viscerale come fedeltà alla materia o materialità dell'esistenza, qui istituisce una sorta di "estetica dello sgradevole". Il narrato non solo assorbe tutta la durezza del dialogato (sarebbe tutt'altro che una novità, nelle letterature contemporanee), ma la accentua, la precisa, facendo ricorso a immagini il più crude possibile. "Durante i primi baci con la lingua gli aveva fatto sentire i denti consumati dall'acidità del vomito", "polluzioni fuori programma per sogni bagnati", "lo esaltavano le deformità, le macroscopie, le gravidanze plurigemellari dove i feti sembravano formiche nei buchi", "anche le lingue erano piene di rabbia, due spade medievali. Come si fa a fare l'amore con il ferro? Ci vorrebbe il cazzo di Iron Man", "diarrea da diluire in sei puntate", "adesso pensa all'orchite. A quei coglioni visibilmente gonfi in maniera abnorme". E siamo solo a pagina 41 su 189. Cosa è successo a Mazzantini?
Per ansia di verosimiglianza, o di iperrealismo, sembra avere pigiato troppo a fondo sul pedale della mimesi, così da rischiare più volte l'eccesso. Mazzantini "cannibale"? No: le manca, per essere assimilata a quelle esperienze di letteratura pulp di metà anni novanta, qualunque grado di distanziamento ironico. Se sconfina nel grottesco, lo fa senza volerlo. "Ore di baci. (
) Vermi caldi, incollati di torpore, che si lasciano cadere, scivolare. Lui s'infilava in quella bocca e ci cadeva, muoveva la lingua come una pala nella polenta". Alle radici di questa estetica o anti-estetica, c'è una propensione di Gaetano per le "cose abnormi e schifose" ("Ti allontanano dalla realtà", gli dice Delia, ed è un paradosso attorno a cui andrebbe discusso l'intero romanzo) e un ricordo infantile della stessa Delia: "La madre in bikini che le diceva cosa guardi? Lei guardava i peli che uscivano un po' dal triangolo. Percepiva qualcosa di sgradevole, una vita che non sarebbe andata per il verso giusto. Perché lei guardava le cose che non doveva guardare. Immaginava. E in fondo c'era sempre una nuvola, un pezzo nero, un pipistrello morto".
Nella descrizione di un "micidiale esempio di coppia contemporanea", come l'autrice lo definisce, e tanto più della rottura di questa unione, è evidente l'intento di caricare la pagina di dettagli sensoriali, di far sentire tutto il calore del contatto fra corpi (siamo prima di tutto corpi, sembra suggerire di continuo Mazzantini); di chiarire come tale calore alimenti di volta in volta la passione, l'amore, diverse forme di affetto ma anche il disagio e la rabbia. Sarebbe impossibile, nonostante ogni riserva, negare l'efficacia della lettura corporale che Mazzantini fa di una storia d'amore: sa coglierne le più sottili evoluzioni, i cambiamenti mai innocui, sino al momento in cui le spoglie dell'essere amato lasciano intravvedere un inquietante, sconosciuto altro. Il romanzo non fa sconti, nell'attribuzione di eventuali colpe, né a Delia né a Gaetano, o forse le assolve tutte: siamo come siamo, "velleitari pieni di buchi emotivi", sembra portarci a concludere, e l'unica verità sui rapporti umani sembra scritta nel titolo, Nessuno si salva da solo. Viene pronunciata da un anziano, distinto signore nelle pagine finali. Delia e Gaetano la raccolgono con un turbamento che potrebbe rimettere tutto in discussione.
Paolo Di Paolo
«Stasera lo sa. Le persone dovrebbero lasciarsi prima di arrivare a quel punto. Dove sono arrivati loro. Perché poi ti resta addosso troppo male.»
Scava nella coppia Margaret Mazzantini in questo nuovo romanzo. Scava brutalmente nel rapporto di una coppia che non vuole più essere tale, che dopo un grande amore vive una grande separazione. Una scrittura forte e intensa, come è nelle corde dell’autrice di Venuto al mondo e Non ti muovere, che scaraventa in faccia al lettore sentimenti squartati, corpi disuniti, volti stanchi, anime distrutte. Sono quelle di Delia e Gaetano, i due protagonisti ancora giovani, puri e rabbiosi, pronti a duellare sul ring dell’amore perduto, - «due ragazzi, si direbbe a vederli passare nei vetri di una macchina parcheggiata» -, da poco tempo divenuti genitori.
Chi si è separato lo sa, chi non l’ha fatto può immaginarlo. Può immaginare quanto sia doloroso, faticoso, a volte esaltante e in altri momenti terribilmente deprimente la separazione. Specie se non avviene da un momento all’altro, specie se è frutto di giorni, mesi, anni di logoramento, di disfacimento, di emotività negativa che volge al peggio. Specie se i sentimenti che restano sono incerti e se il legame mantiene una sua forza, anche incomprensibile, ma pericolosa: «è facile distrarsi, non sapere più a che punto della vita sono».
Proteggere i figli - «non voglio che somiglino a noi... voglio che siano migliori... ma ho paura che finiranno per assomigliarci» - cercare un equilibrio che permetta a tutti di vivere serenamente. Non è facile, ci saranno altre donne e altri uomini, ma non è facile. Si parlerà di soldi, mantenimento, affido, case, mobili, ma tangenzialmente rispetto ai sentimenti che restano, in modo a volte straziante, al centro della scena. Nessuno si salva da solo, appunto, nemmeno Delia e Gaetano.
Questa storia di un amore accartocciato potrebbe essere una commedia dark all’italiana, adatta alla trasposizione cinematografica. È già successo con il romanzo Non ti muovere e non è casuale: la scrittura della Mazzantini - hanno scritto i critici - «tira la lingua via dalle parole verso un altro genere di comunicazione». Anche in queste pagine la lingua del romanzo è brusca, a tratti brutale, vuole assomigliare il più possibile alla vita vera: le frasi spesso sono tagliate, i dialoghi lasciati a metà, in certi passaggi cala un velo di freddezza, in altri trasuda la rabbia.
L’autrice, in una recente intervista, ha dichiarato: «Dopo l’epopea straziante sulla guerra a Sarajevo, volevo scrivere una storia minimale: due trentenni, una cena storta malgrado il buon vino, il corpo morto del loro amore sul tavolo. L’infelicità coniugale». E come sempre, ci è riuscita al meglio.
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