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Le sensazioni che questo libro mi ha dato sono state uniche! Il modo in cui è stato scritto è semplice, ma non per questo di basso livello; le tematiche spaziano in maniera molto varia: si va dal trattare del nome del mese di Gennaio alla politica, essendoci data tuttavia l'occasione di addentrarci nei fatti, disastrosi o meno, accaduti nella famiglia del centenario Giano. Dopotutto, credo che tutti noi siamo stati per almeno un attimo nella nostra vita come il protagonista, motivo in più per leggerlo (tutto d'un fiato)!
"La preferenza di Giano per quest'albero gramo dipende dal fatto che ne aveva uno nel giardino di casa.Tra i suoi rami fioriscono ricordi più gradevoli di tutto il resto." Funziona così:ci si siede sotto il nespolo e si pensa ad un passato che rincorre il presente(servabo).Per di più pensare aiuta anche a fumare meno.Ce n'è per tutti:buddisti,giornalisti,dirigenti di partito,preti,rivoluzionari in pensione e filosofi latini.Il libro è una serie di aforismi,simili -dice Pintor-alle poesie che si trovano nei cioccolatini.Ma queste riflessioni sotto nespolo-per così dire-si snodano tra i fatti della vita quotidiana,talvolta duri per via della "fantasia illimitata del male".Ma di fronte al male c'è sempre l'acqua,metafora della vita.Quell'acqua che "si raccoglie nel palmo della mano e si porta alle labbra quando il giorno finisce". Centotredici pagine di perfezione.O giù di lì.
è sublime la delicatezza con cui scrive questo grandissimo giornalista. Sublime proprio per la sua essenzialità che fa percepire molto da vicino il suo sentire.
Recensioni
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"Il vecchio è consapevole che vivere di ricordi, come si dice, equivale a morire blandamente. Ma così va a finire perché non c'è scelta. Può sembrare un abbandono volontario ed è invece una legge di natura. Vengono meno le energie, gli stimoli, gli scopi."
Quasi imprevedibilmente Pintor ha pubblicato un altro libro ad arricchire (forse a concludere) quella speciale autobiografia aperta con Servabo e proseguita con La signora Kirchgessner. Qui è Giano il centenario, il vecchio stanco e lucido che fa rivivere, con la forza delle emozioni più fresche, il passato, l'uomo che si considera quasi un sopravvissuto, un'anomalia della vita se i figli, ancora giovani, ancora carichi di energia e desideri, sono morti. Nelle vicende storiche e nella politica, per cui ha speso tanta passione, sacrificandovi anche molto della sua vita privata, gli appaiono oggi solo i segni della sconfitta e in più sembra trattenuto (a fatica però) in lui lo spirito combattivo, quasi annullata la voglia di scrivere, riaccesa solo da eventi particolari, davanti ai quali non si può non indignarsi: nel periodo della guerra in Kosovo, ogni giorno si poteva infatti leggere sul "suo" giornale un articolo infuocato.
Ma tanta amarezza, tanta stanchezza, lasciano spazio ai ricordi, aprono la mente a riaccendere momenti, parole, visi, pensieri che sembravano sepolti sotto il peso degli anni. La grande casa di famiglia, il mare di Sardegna, i figli piccoli e le tenerezze dell'infanzia, l'ammirata figura del fratello e le tante, troppe, morti che hanno scandito la vita di Giano: e perché dovrebbe desiderare un futuro, perché nutrire speranze o sogni? L'obiettivo unico è raggiungere la piena consapevolezza, lucida e impietosa del fallimento, senza lamenti o pianti, senza neppure pentimenti (rivivrebbe tutto, rifarebbe tutto se mai potesse tornare indietro), senza sentirsi un maestro, ma con l'orgoglio della coerenza.
Nel riaffiorare del passato, emergono anche momenti bellissimi, musiche, luci e colori indimenticabili, visti e sentiti nell'infanzia o nell'adolescenza, quando i sensi sono più vigili e permeabili.
Nei tre anni (la scansione del libro è data dai nomi dei mesi) in cui Pintor prende "appunti" dei suoi pensieri e delle sue riflessioni, gli eventi più importanti sono le due morti dei figli. Il primo a lasciarlo è il minore, poco più che quarantenne, una vita complessa alle spalle, un presente generoso che la morte spezza in una città di frontiera, poco amata e rimasta sempre estranea: questa è la ferita che colpisce il padre in modo brutale, senza speranza di lenimento. Dopo non molti mesi anche la figlia, donna attiva e forte, muore improvvisamente. L'eccesso di dolore porta alla sensazione di avere smarrito ogni senso, ogni logica, di essere vissuto troppo, di avere pagato troppo: eppure questo libro è, non so bene per quale motivo, il meno "negativo" dei tre della involontaria autobiografia di Pintor, quasi rasserenato da una superiore leopardiana (forse non sono un caso le frequenti citazioni del poeta) disperata grandezza, gravido di ironia e di sarcasmo.
La parola tanto musicale e poetica in La signora Kirchgessner, qui si fa paradigmatica; le frasi brevi, quasi aforismi carichi di umiltà e tutt'altro che sentenziosi, sono spunti di riflessione o conclusioni che rimandano a pensieri elaborati in silenzio e in solitudine. È la solitudine appunto la dimensione in cui grandeggia questo Giano centenario che ha riscoperto la forza degli affetti familiari, ed è affranto dall'averli in giovinezza dati per scontati e dall'aver perso forse qualche irripetibile testimonianza d'amore. Così il ripetutamente affermato bisogno di distanza, il ritrarsi dalla vita, l'impotenza davanti al destino danno davvero di lui un ritratto di amara consapevolezza, ma anche di inspiegabile pace interiore che non vuole raccontare, agli altri e a sé, più favole, ma sa vedere la bellezza che, nonostante tutto, si può ancora cogliere nella purezza di un sorso d'acqua o nella limpidezza di un ruscello.
A cura di Wuz.it
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