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Una buona lettura
Un intenso viaggio tra due culture: da quella dei nativi canadesi, con le loro tradizioni e il bellissimo rapporto con la natura, a quella del mondo cosiddetto civilizzato, che inventa modi sempre nuovi di distruggere e distruggersi. Il protagonista si trova proiettato nel mondo terribile e crudele della trincea, in piena prima guerra mondiale, scontrandosi con una concezione tutta diversa dei rapporti umani, e con la durezza della disciplina militare e con la crudeltà dell'uccidere i propri simili. Un viaggio davvero molto ben raccontato e coinvolgente.
Scritto dal canadese Joseph Boyden, Nel buio che precede l'alba è un romanzo di grande approfondimento psicologico che non manca di avventura e della capacità di mettere bene in rilievo quanto la guerra possa cambiare gli uomini e portarne alla luce la loro autentica personalità. In un continuo alternarsi di vita primitiva, con paesaggi stupendi, e scene di battaglia, su terreni sconvolti dalle bombe, coperti di cadaveri, tesse una trama che è convincente e che inevitabilmente finisce con l'attrarre il lettore, disposto a perdonargli la non trascurabile lunghezza del testo. Fra riti pagani e avventure piano piano si entra in sintonia con Xavier, si comprende il rifiuto alla violenza che lo coglie verso la fine del conflitto, ma soprattutto attira quel segreto che lui porta dentro e che lentamente gli toglie la forza e la vita; opportunamente verrà svelato alla fine, anche se nel frattempo, da tanti elementi e fatti, ci si può forse arrivare da soli. E' un libro strano, perché non è un'opera contro la guerra, ma sulla guerra, non è un romanzo edificante, ma è anzi un atto di accusa al sistema di vita occidentale che, nel suo desiderio di potenza, fa emergere negli uomini il loro lato peggiore, da cui pochi si salvano se non con il pentimento e il rimorso. È lunga e dolorosa la redenzione di Xavier, come il suo viaggio di ritorno a un mondo apparentemente primitivo in cui però primeggiano valori che l'uomo bianco sembra aver dimenticato. Può sembrare forse esagerato, ma non sono infrequenti i brani che potrei definire di prosa poetica, e non si tratta solo di quelli in cui fa da sfondo il paesaggio dei grandi fiumi e delle immense foreste, ma anche di quelli che nel funebre tempo della guerra riescono a cogliere il segno, se anche minimo, di una normalità e in cui si riaffaccia una natura che intende rivendicare i valori primigeni dell'umanità, come alcuni fiori o una rondine che accudisce i suoi piccoli, una speranza per un futuro diverso e migliore.
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