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Al fianco di Guy Debord durante gli anni sessanta nell'Internazionale situazionista, da cui si sarebbe in seguito allontanato, Raoul Vaneigem è l'autore del celebre Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni (1967). Ha in seguito portato avanti una costante riflessione sull'evolversi della civiltà occidentale. Intrecciando nell'analisi piani diversi, che chiamano in causa l'idea stessa di umanità/disumanità, questo pamphlet sviluppa un'osservazione iniziale secondo cui ci troveremmo in un vicolo cieco: "Ciò che imbriglia l'esistenza in nome della licenza economica", nelle parole dell'autore, forma "il crogiolo di un'ingiustizia i cui eccessi sono limitabili solo con l'esercizio di una giustizia sempre ingannevole per le speranze che fa nascere". La libertà stessa, trasfigurata in un illusorio umanesimo consumista, si è degradata a mero prodotto ideologico del libero scambio, frutto della società capitalistica avanzata. Occorrerebbe "smantellare la macchina che fabbrica i colpevoli", individuando però questi ultimi nella loro concretezza fisica. Ma nemmeno un gigantesco tribunale dei crimini di guerra potrebbe passare al vaglio gli innumerevoli imputati di tutti quei crimini contro l'umanità oggi perpetrati su così vasta scala, nell'economia come nella politica. L'afflato etico di Vaneigem, pur fra eccessi provocatori (non esita a definire quella del Sacré-Coeur, sorto per celebrare la sconfitta della Comune, un'"architettura escrementizia"), suona così estraneo ai nostri tempi da porsi come antidoto all'odierno assordante silenzio circa temi vitali per l'umanità.
Daniele Rocca
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