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Da decenni la storiografia sul nazionalismo indiano, tanto sul versante anglosassone quanto su quello asiatico, contesta l'idea di un moto indipendentista legato ad alcune personalità eminenti, cercando di fissare le ragioni di ordine strutturale (economiche, sociali, geopolitiche) che portarono alla fine della dominazione britannica nel subcontinente e alla nascita della repubblica. Tuttavia, resta il fatto che il partito del congresso espresse non solo alcuni leader di grande statura etica e politica, ma una classe dirigente in grado di gestire con successo prima la lotta di liberazione e poi la fondazione di un regime politico democratico. Questo libro si propone di raccontare quella stagione appunto attraverso lo spettro analitico dei suoi leader eponimi. A Gandhi e a Nehru, più noti al pubblico europeo, l'autrice affianca il leader bengalese Subhas Chandra Bose. In questa scelta pesa il fatto che Reba Som sia anch'essa originaria del Bengala, ma conta soprattutto il desiderio di rivalutare una figura controversa. In disaccordo con una tattica politica che gli sembrava troppo cauta, Bose entra in aperto conflitto con Gandhi già tra il 1938 ed il 1939. Tuttavia, è solo all'inizio della seconda guerra mondiale che le loro strade divergono irrimediabilmente. In quella fase l'attitudine gandhiana verso gli inglesi pare a Bose inutilmente attendista; perciò si schiera con le forze dell'Asse sperando che appoggino la causa indiana in chiave antibritannica. A tal fine soggiorna a lungo in Germania, poi tenta di organizzare un esercito con l'aiuto del Giappone. Letto in questa chiave, il libro, per quanto attraversato da un empito giustificativo che influenza non positivamente l'esposizione, è utile a far intendere la natura plurale, se non composita, del nazionalismo indiano.
Maurizio Griffo
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