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"Dimmi che idea hai della traduzione e ti dirò che coscienza nazionale hai". Questo, in sintesi, il più visibile dei vari motivi conduttori presenti nei ventuno scritti del volume, specchio dei contributi a un convegno organizzato presso l'Università Iulm di Milano nel novembre 1999. Aurelio Principato nella presentazione spiega la scelta di circoscrivere il tema della traduzione alle pratiche e alle idee operanti tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo in Europa. Allora entra in crisi l'egemonia culturale francese, l'enciclopedismo e la specializzazione del sapere minano l'idea di una ragione unica e di una lingua modello per tutte le altre, l'inglese si afferma come lingua di comunicazione, ma anche come la lingua "romantica" di Shakespeare, di Richardson, del falso Ossian. Le nazioni reclamano una propria identità culturale e cercano di dimostrarne la maturità anche attraverso le traduzioni, nelle rispettive lingue nazionali, dei classici o delle opere di altre culture moderne.
Nella saggio d'apertura Jean-Paul Sermain parla dei francesi che a metà del diciottesimo secolo traducono opere inglesi; nel suo scritto Emilio Mattioli affronta la teoria della traduzione in Italia con Melchiorre Cesarotti, grande teorico più che grande traduttore, e con Foscolo e Leopardi che, traducendo e riflettendo sulla propria attività traduttiva, affinano la propria poetica, ma non approdano a una teoria organica della traduzione. Gabriella Catalano tratta del concetto di traduzione in August Wilhelm Schlegel, e Manfred Koch illustra il topos della Germania come nazione di traduttori nell'affascinante concetto goethiano di Weltliteratur. Molti interventi riguardano la traduzione dei classici: Hölderlin che traduce in tedesco due tragedie di Sofocle, Pope che traduce Omero in inglese, gli intellettuali greci e gli illuministi, Dante tradotto in francese, nonostante la condanna di Voltaire.
Una sezione del libro s'affaccia su un territorio ancora in gran parte da esplorare, e cioè le traduzioni fra lingue moderne di opere "moderne": ad esempio, Paola Sosso studia le prime traduzioni italiane del Discours sur l'origine de l'inégalité di Rousseau, Paolo Proietti si occupa di Foscolo traduttore del Viaggio sentimentale di Yorick lungo la Francia e l'Italia di Laurence Sterne, altri delle prime antologie italiane di poesia spagnola tradotta, altri ancora di traduzioni tedesche di Marivaux. La specificità nazionale è messa in rilievo dai due contributi finali sulla traduzione poetica in russo nel diciottesimo secolo; Stefano Garzonio tratta della russificazione della poesia musicale italiana, soprattutto dei libretti di Da Ponte.
I contributi del volume, con gradi molto diversi di consapevolezza, ci illustrano le posizioni di vari traduttori e teorici della traduzione nei confronti dell'intertestualità, della poetica del traduttore, della tipologia differenziata del processo traduttivo in base alle esigenze di un pubblico che cambia o in base a intenti ideologici più o meno esplicitati. Ovviamente lo fanno traducendo termini dell'epoca, quali "genio della lingua", anzi, delle due lingue a confronto, e "sensibilità della nazione" per cui si traduce.
I quattro interventi della tavola rotonda finale aiutano a chiarire che il libro è un tassello della storia della cultura europea, che la traduzione non vi è tanto vista e esemplificata nei suoi aspetti linguistici, quanto come cartina di tornasole di atteggiamenti personali o nazionali rispetto alla penetrazione di gusti e idee esterni e rispetto all'idea-mito di testo originale.
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