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Recensioni Muga-muchu

Muga-muchu di Philippe Forest
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Muga-muchu significa "senza coscienza", ovvero "privi di sé, in balia del vuoto, persi nell'estasi di un annientamento in cui svanisce ogni certezza di essere ancora qualcuno". È questa - prosegue Forest - "l'espressione che usarono quasi tutti i superstiti per indicare lo stato di prostrazione e la totale perdita di riferimenti cui li aveva ridotti la catastrofe nucleare". Sotto questo titolo sono qui raccolti i due testi che Forest ha dedicato alle due bombe atomiche sganciate durante il secondo conflitto mondiale sul Giappone. Il primo - il radiodramma 43 secondi (ovvero il tempo che impiegò l'ordigno nucleare a raggiungere il suolo) - restituisce al lettore gli attimi che precedettero l'esplosione della bomba su Hiroshima. Ad alternarsi, quasi in un dialogo immaginario, sono le voci del pilota americano al comando del terzo aereo del convoglio e quella di una giovane e ignara donna giapponese che abita nei dintorni della città che a breve verrà colpita. Il secondo invece - Storia del fotografo Y?suke Yamahata - narra l'esperienza dell'uomo che, con la sua Leica di ordinanza, fu il primo a fornire testimonianza fotografica delle vittime e della distruzione a Nagasaki.)
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