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Prosa, poesia, grafica: le arti di Grass concorrono a comporre il mosaico indiano in un grande reportage-racconto
Come in un costante gioco di specchi, i libri di Günter Grass, rinviano l’uno all’altro. Se nell’ultimo romanzo, La Ratta , assistevamo al rientro in scena di Oskar Matzerath, una vecchia conoscenza cara ai lettori del Tamburo di latta , già nel titolo di questo «diario» indiano ritroviamo la Calcutta brulicante di storpi, mendicanti, bambini denutriti del Rombo , in mezzo a cui si aggira Vasco, controfigura dell’autore. Nel tempio di Kalì, Vasco, desideroso di sapere perche mai la dea mostri la lingua, apprende dalla viva voce del sacerdote che essa: «dopo aver fatto fuori tutti i demoni (e altri controrivoluzionari), non riuscì a smettere di far fuori la gente e tornò alla ragione solo quando aveva già posato il piede sul petto del suo aspetto maschile, Shiva, scaraventato per terra. Allora Kalì si vergognò e mostrò la lingua per la vergogna. Da quel giorno in India mostrare la lingua passa per un segno di vergogna». Ed è con autentico senso di vergogna e di pudore che Grass si accosta in questo nuovo libro alla fame e alla povertà dell’India. Dagli slums maleodoranti di Calcutta, ai margini dei quali lo scrittore ha abitato fra il 1986 e il 1987 , sono nate le pagine e le illustrazioni di un osservatore inflessibile, impietoso con se stesso come con il mondo circostante. I diversi generi che concorrono a esprimere l’attenta partecipazione dell’autore vanno dall’annotazione di diario o di viaggio, alla poesia, dalla riflessione aforistica o introspettiva al più immediato schizzo a china, stenogramma grafico in cui il linguaggio verbale viene superato e integrato. Giudizio soggettivo e resoconto oggettivo si compenetrano e rincorrono in una costruzione prismatica, sfaccettata, in cui le arti padroneggiate da Grass – prosa, poesia, grafica – fluiscono l’una nell’altra. Rumori e odori di una megalopoli di «dannati della terra», uomini, bestie sacre e immonde, escrementi e morte, mercati e mercanti e guidatori di risciò… Eppure, questo libro non è né lamentazione né pamphlet: sorretto da una molteplicità di piani narrativi, condotto con un linguaggio ricco di immagini, eppure vicino al parlato nell’affabulazione, Mostrare la lingua è anche uno specchio, per contrasto, della cultura europea. Interlocutori di Grass sono infatti un onnipresente Theodor Fontane, coprotagonista con l’autore e sua moglie Ute di queste pagine, Lichtenberg, Schopenhauer , Thomas Mann, in un appassionante dialogo-confronto su Calcutta. Gioco, ironia, distanziamento concorrono alla riuscita di questo audace e creativo esperimento letterario a cui il lettore stesso è invitato e al quale è difficile sottrarsi.
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