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Anno edizione: 2014
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“Moscoviade”: ettogrammi, chilogrammi… c’è il peso dell’incommensurabilmente vacuo in questo romanzo di Jurij Andruchovyč. Si avverte l’insostenibile gravità del comunismo sovietico nelle sue pagine, come se tutto, durante un giorno fatale di un grigio maggio moscovita del ‘91, stesse per schiantarsi al suolo. “Moscoviade” è il racconto di un’inesorabile rovina, che coinvolge l’individuo e la storia, il passato e il presente di un impero in fase d’irreversibile sgretolamento. Dal sesto piano di un decadente ostello per scrittori, “creato dal sistema per giustificarlo e soddisfarlo”, abitato da alcolizzati, vacui, ripetitivi e spesso noiosi letterati dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, tutto comincia a venire giù, accompagnato da un’instancabile pioggia, per scivolare lungo i marciapiedi di Mosca e di lì nel sottosuolo della capitale del totalitarismo russo-sovietico. Dal suo sesto piano, da un appartamento riservato ai migliori talenti dell’Unione, affacciato sui cupi viali di Mosca da un lato e sulla torre televisiva di Ostankino dall’altro, lo scrittore ucraino Otto von F. ovvero Otto Vyl’hel’movyč, l’allogeno, finisce, in un giorno di primavera in cui nulla sembra voler fiorire, sull’asfalto polveroso e umido di una città dove tutto è divenuto definitivamente instabile, precario e fatiscente. Siamo al culmine della decadenza dell’impero, all’estremo, fatale momento di un’Unione di cui nessun anello sembra più tenere. Tutto, nella vita del protagonista e intorno a lui, è prossimo a crollare per sempre. A partire dal poeta ed ex soldato Ruslan, scivolato dalla scala antincendio dopo aver mancato la presa maldestra dell’inerme Otto von F. malato di debolezza etica e fisica, ogni cosa comincia a precipitare: Otto von F. Vyl’hel’movyč, l’intera Mosca che pare dover finire da un momento all’altro negli inghiottitoi della sua metropolitana, la storia russa e delle repubbliche sovietiche dal ‘17 al ’91, da Lenin ad Anatolij Lukianok. Siamo a Mosca nel ‘91 dunque, i
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