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Una prosa meravigliosamente poetica e toccante svela con grande originalità alcuni aspetti della vita quotidiana e della cultura dalmata degli anni '80.
Si vede una grande autrice tra le righe di questi racconti,sicuramente promossa e apprezzata...
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"Josip Broz Tito era morto: l'uomo dai giganteschi occhiali rotondi appeso nella mia classe, il volto ritratto sulla spilla che avevo ricevuto, insieme al berrettino da partigiano, alla stella rossa e al fazzoletto pure rosso, durante la cerimonia di ingresso nei Pionieri. Il suo sguardo penetrante ornava ogni minuscola bottega da calzolaio, ogni macelleria per quanto sanguinolenta, ogni polverosa sala insegnanti di qualsiasi paesino di montagna dimenticato dal mondo, ogni spaccio, ogni ufficio e ogni aula scolastica".
La raccolta di racconti di Marica Bodroić si apre con la scomparsa, il 4 maggio 1980, del Maresciallo ottantottenne, la cui morte reale assume fin da subito la forza del simbolo. Della fine di un'epoca: quella della grandeur jugoslava, di quel particolare "socialismo nazionale", di quell'esperimento in cui Tito "aveva costretto gli uomini a vivere insieme, e ora si sarebbero vendicati". Le folle in lacrime che accolgono il suo cadavere eccellente paiono già attraversate dal presagio di un futuro nefasto, sono comparse pronte per il gioco al massacro che dopo poco più di un decennio produrrà un pianto infinito. Il suo sguardo di bambina ricostruisce la giornata in tempo reale, ricorda come quel giorno saltasse la sua trasmissione radiofonica preferita, quelle Dediche e saluti che portavano in ogni casa le canzoni scelte dai marinai nostalgici e lontani, metafora di un paese stratificato di migrazioni antiche e recenti, che ora stava dimenticando la povertà anche con le rimesse di emigranti, i così detti Gastarbeiter, un termine paradossale per definire lavoratori ospiti che a casa non tornano mai più.
Marica Bodroić è nata nel 1973 a Svib, in Dalmazia, in un punto dove il paesaggio mozzafiato è anche strategico: il mare subito lì di fronte, alle spalle la regione collinosa e carsica dell'Erzegovina. Un mondo dove la natura chiede ancora tributi umani, dove la durezza della terra è tutta nei suoi sassi, e la rabbia antica, la forza della superstizione e quella della religione si fondono con le ideologie della modernità. Da qui si parte per cercare lavoro, in Germania prima di tutto, dove a dieci anni anche Marica raggiungerà i suoi genitori.
Il tedesco sarà una conquista, diventerà il luogo dell'approdo alla parola, l'abito caldo capace di far sbocciare i nomi dei fiori e raccogliere i colori, le immagini, i suoni e gli odori, di condurre al ritrovamento della madre immobilizzata nel suo freddo. In tedesco sarà possibile il risveglio della memoria offuscata, il viaggio di ritorno "all'eternità dell'infanzia". "Allora le parole diventano persone e le persone parole, si accende uno sfavillio, uno stormire che poi si estende sopra i mari, mari dove galleggiano i tronchi d'albero di intere generazioni".
Autrice di altri racconti brevi, di un romanzo, e di poesia (in Germania è pluripremiata e molto apprezzata), nei suoi ultimi libri Bodroić costruisce la sua originale "antropologia linguistica", mentre continua come un'Alice dalmato-tedesca a guardare "negli abissi dello specchio nei quali ero caduta sin dall'inizio".
Nicole Janigro
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