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A ridosso dell’alluvione del 1966 viene ritrovato il cadavere di un bambino scomparso. È l’inizio di un incubo per il commissario Bordelli della squadra mobile di Firenze. La stampa punta il dito contro l’inettitudine della questura. La famiglia esige l’arresto dell’assassino, perché il piccolo Giacomo è stato vittima di un delitto odioso. E il questore incalza il commissario. Bella l'atmosfera plumbea della terribile alluvione che colpì la città di Dante, indimenticabile il protagonista.
Dopo una prima metà gradevole (soprattutto per i quadretti dedicati all'alluvione del '66, che hanno richiamato alla mia memoria i racconti ascoltati da genitori e nonni) ma anche un po' sonnacchiosa (per il fatto di avvitarsi attorno ad un tema che si può agevolmente riassumere con un pensiero dello stesso Bordelli: "Qualunque cosa, pur di stare vicino a lei. Si domandava se fosse innamorato di quella ragazza o del fatto che lei potesse innamorarsi di lui, ma in fondo non c'era troppa differenza. Si sentiva rimbecillito e questo gli bastava") un improvviso cambio di tono, un'accelerata discesa agli inferi per sprofondare al cospetto di un delitto che fin dall'inizio si poteva sì immaginare turpe e orrendo, ma non con tali dimensioni di efferatezza e nefandezza. Bordelli, dopo essersi abbandonato con indulgenza egocentrica ad un narcisismo romantico a cui già altri commissari seriali in piena mezza età ci hanno abituati, con buona pace di una indagine che stagna e che quando riprende vita lo fa solo grazie a una serie di fortunati eventi e coincidenze, si macchia di qualche leggerezza (con conseguenze pesantissime) che da lui non mi aspettavo. Vichi, sebbene io conosca già da tempo la sua propensione a non fare sconti al lettore disposto a seguire gli oscuri meandri e le atrocità di cui è capace la mente umana, questa volta ha davvero passato il limite di quanto io sia disposta a sopportare leggendo un noir. E manca del tutto uno dei momenti più belli che finora avevano sempre costituito la digressione originale dei romanzi della serie: la cena in cui, dopo piatti abbondanti ma soprattutto abbondanti libagioni, Bordelli e a turno gli altri commensali si lasciavano andare a racconti fatti di ricordi.
Un libro di grande atmosfera, che descrive un'epoca, una tragedia, una città (Firenze). Il caso su cui indaga Bordelli diventa quasi un dettaglio, ma non per questo risulta deludente. Il finale è molto malinconico, ma non toglie il desiderio di leggere il seguito.
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