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Auf jedem Tisch zwei. Männer und Weiber kreuzweis. Nah, nackt, und dennoch ohne Qual. Den Schädel auf. Die Brust entzwei. Die Leiber gebären nun ihr allerletztes Mal. Due su ogni tavolo. Di traverso tra loro uomini e donne. Vicini, nudi, eppur senza strazio. Il cranio aperto. Il petto squarciato. Ora figliano i corpi un'ultima volta. Gottfried Benn, Morgue
«In una Berlino, non a torto definita da H. E. Jacob qualcosa come un’ “esperienza che scuote i nervi”, anche Benn, come i poeti del “Neopathetisches Cabaret”, compie la sua brutale incursione nel quotidiano, nel brutto, nel patologico, sconvolgendo l’ hortus conclusus della poesia neoromantica, come volevano Ernst Blab e i suoi amici Hiller, Heym e van Hoddis; e non è senza significato che un appassionato recensore di Morgue – l’alsaziano Stadler, che proprio dopo il 1911 aveva definitivamente maturato il suo distacco dall’Impressionismo – apprezzasse in queste poesie la fredda violenza con cui era stato spazzato via “l’ideale lirico del cavaliere-dal-fiorellino-azzurro”». (Dall’ Introduzione di Ferruccio Masini)
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