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Diverse, eppure stranamente simili, le forme del rimpianto raccontate in questo libro. Il denominatore comune di questo rimpianto è il pudore del racconto, che arriva addirittura, nella parte centrale, a mascherarsi dietro toni saccenti, giudizi taglienti, perfino stroncature tinte di livore. La prima parte del libro, delicata e quasi scarna, è la rievocazione della casa dell'anima, teatro estivo delle imprese infantili e adolescenziali dell'autore, un microcosmo profumato di mare e abitato dalla presenza amica dei ricordi e dalla memoria di un padre amato, stimato e, con gli anni, idealizzato con nostalgia e tenerezza. La parte centrale, quella più sviluppata, "In memory of the swinging years", denota una notevole competenza in materia musicale, di quel rock'n'roll che, nel bene e nel male, è stato la colonna sonora dell'adolescenza di chi è coetaneo dell'autore, o quasi. Un po' impettiti, allineati come soldatini di piombo, ci troviamo i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, i Doors, i Led Zeppelin e tanti altri... C'è anche Fabrizio De André tra i pochissimi italiani che si salvano, mentre gli altri cantanti nostrani degli anni Sessanta e Settanta vengono sommariamente giustiziati con poche frasi lapidarie: sono tutti figli della piccola provincia italiana, gretta, scaltra e arrivista. Qualche lettore potrebbe risentirsi un poco, l'avvertimento ci pare doveroso. Ma, del resto, queste sono le opinioni dell'autore, e sono da rispettare. Ed ecco la terza parte, un'escursione, breve come una gita pomeridiana, nel mondo dei Fratelli cristiani, quei preti irlandesi da cui Italo Inglese ha ricevuto la prima formazione scolastica, a Roma. Piccole gocce di ricordi, che cadono lentamente nella vaschetta piena d'acqua di una fontana e troppo rapidamente si confondono con essa...
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