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Ennesimo centro per la creatura di Sammet, con qualche novità ma, nel complesso, nessun effettivo sconvolgimento (se non in una produzione ancor più sfaccettata rispetto al passato). La formula rimane quella già inaugurata con "The Scarecrow": power metal con più di un occhio di riguardo al metal sinfonico, all' AOR più melodico e a qualche intenzione prog (come nella lunga "The Ravenchild"). Rimane costante la ricerca delle linee vocali vincenti e del ritornello che colpisce, anche se stavolta "Moonglow", rispetto al precedente "Ghostlight", cerca di creare un'atmosfera più trasognata ed incantata, rinunciando al facile impatto hard rock della "Wicked Trilogy", ma guadagnando in longevità. I cantanti ospiti, ovviamente, offrono performance in molti casi entusiasmanti (Hansi Kürsch e Jorn Lande su tutti, probabilmente), anche se qualche altro ospite un po' meno scontato avrebbe giovato alla creatività di Sammet; "Book of shallow", ad esempio, con Mille Petrozza, non solo funziona molto bene, con le sue sfuriate vicine al thrash metal, ma rende ancora più imprevedibile l'ascolto dell'album. Altri brani giocano più sul sicuro, come "The piper at the gates of dawn" e "Lavender", il primo praticamente una B-side degli Edguy, il secondo la solita canzone adatta all'ugola di Bob Catley. Altri, come il meravigliosamente broadwayiano "Ghost in the moon" o il già citato "The Ravenchild", cercano di stupire con i migliori effetti speciali: cori grandiosi, lunghezza importante e struttura cangiante. Nel complesso un buonissimo ritorno; niente di nuovo in linea di massima, ma un album solido, ispirato, tra i migliori pubblicati dal buon Tobias (dopo le due Metal Opera) e tra i più ricercati mai composti da lui stesso. Tra parentesi, "Maniac" rimane un gran colpo di classe ;)
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