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Anno edizione: 2020
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Quando, oggi, si riascolta Gianmaria Testa, non si può che parlare di ricordi, per lui scomparso troppo presto e per le sue parole, così spesso limate sulla pietra focaia delle assenze. E per le sue canzoni, sempre gentili, poetiche, immaginifiche e belle, soprattutto belle. Ricordo, appunto, quando nel duemila, lo scoprii, attraverso un disco disadorno, solo lui, voce e chitarra, e Pier Mario Giovannone, all'altra chitarra e alla melodica: fu una folgorazione e la nascita di un amore per questo taciturno capostazione di Cuneo, così famoso in Francia, così (ancora) sconosciuto da noi. Da lì in poi è stata un po' in discesa la strada di Gianmaria, anche qui, in questo paese che quasi odia gli artisti, quelli veri, realizzando una serie di bei dischi. Poi la morte, cattiva, precoce, nel 2016, quando Testa avrebbe avuto ancora molto da dire. Una sconsolazione simile, per me, a quella per De André. Dopodiché si è cercato di tenerne viva l'arte e la memoria e anche questa ristampa del primo disco, prodotto in Francia (dove è molto più famoso che qui) nel 1993 e uscito nel 1995, fa parte di quest'opera bella di conservarne la poesia e la voce. "Montgolfières" è un ottimo lavoro, già maturo e importante. Ci sono alcune delle sue più belle canzoni, brani come "Città Lunga", "Le Traiettorie Delle Mongolfiere", "Dentro La Tasca Di Un Qualunque Mattino", "Le Donne Delle Stazioni", che se lasciano trasparire il tributo a Paolo Conte o Ivano Fossati, mostrano però già un autore attento alle parole e alla musica, un fuoriclasse in divenire, uno con una sua precisa personalità, che solo per osmosi può avere riferimenti ai due autori che ho detto. Gli arrangiamenti, fra musicisti italiani e francesi, è tipico del cantautorato d'oltralpe e un po' jazzy, fra contrabbassi, acustiche, melodiche e bandoneon, Ottima ristampa, curata, anche nelle note, ma a parlare è la musica di Gianmaria Testa, anche a trentanni anni di distanza. Sembra ieri, dannazione.
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