Mario Rusca è forse il più importante jazzista Italiano vivente. Le sue maggiori influenze vanno ricercate nelle capacità compositive di Ellington e nel sound brillante di Hampton Hawes. Rusca si è lasciato incantare dalle invenzioni armoniche dei grandi pianisti degli anni cinquanta e sessanta: da Bud Powell a Bobby Timmons, sino a Wynton Kelly e Bill Evans. Mario Rusca è stato il pianista fisso del Capolinea, il più importante Jazz club italiano degli anni ‘70 e ‘80. Ha rappresentato l’Italia come “Piano Solo” al “Festival Internazionale” di Varsavia e partecipa con il suo quintetto nel 1985 al “Festival Internazionale” di Montreal – e collaborato con una moltitudine di nomi prestigiosi: Chet Baker, Tony Scott, Curtis Fuller, Gerry Mulligan, Lou Donaldson, Art Farmer, Bob Berg, Lee Konitz, Dusko Gojkovic, Al Gray, Kay Winding; e poi ancora: Stefano Bagnoli, Enrico Rava, Tullio De Piscopo, Kenny Clarke, Stan Getz, Jimmy Owens, Toots Thielemans, Gianni Basso, Pepper Adams, Steve Lacy, Steve Grossman, Franco Ambrosetti, Woody Shaw ed Eddie “Lockjaw” Davis. Con Gerry Mulligan, in particolare, è stato in tournée nel 1976, mentre con Lee Konitz ha affrontato, alla fine degli anni novanta, lo studio di registrazione per il disco Where’s The Blues?. A tal proposito, Suspension del 1975 con Tullio De Piscopo e Recreations del 1976 con un prodigioso Larry Nocella al sassofono, sono ancora oggi molto belli e molto avanti. Come dice Mario: “nel jazz ti scegli sempre i compagni con i quali hai più dialogo... ci vuole un interplay, ci vuole un... un modo di sentire, per cui ti scegli i musicisti perché sentono come te, o, se non altro, ti seguono”. L'affiatamento dei tre è perfettamente allineato, sinergico. La batteria di Tony e il contrabbasso di Riccardo disegnano tappeti ritmici morbidi ed essenziali, senza intralciare mai le prodezze creative del band leader. Il repertorio va dagli standards più dinamici. Blues for Gwen di McCoy Tyner, Blues Walk di Lou Donaldson, Blue Minor di Sonny Clark, o a Turnaround di Ornette Coleman, Bass Blues di John Coltrane, oppure a Super Jet di Tadd Dameron. Non si può non immaginarsi sopra una decapottabile, sorridenti e leggeri, mentre si percorrono le progressioni soliste di Turnaround e Super Jet. Vanno inoltre sottolineati i quattro originali presenti in questo disco: Blue Dream (for Allerim), Tempo Blues, Double Horn e Monochrome Blues, composizioni suggestive e ricche di spunti che ben rappresentano le grandi doti compositive di Mario Rusca e la sua maestria nel esprimere il ‘Blues’. MONOCHROME BLUES e un album in trio vincente che allieterà le più esigenti orecchie in circolazione.
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