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Recensioni Il mondo del Principe Splendente. Vita di corte nell'antico Giappone

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Una vita fondata sullo stile e sulla bellezza, criteri ultimi e assoluti: così ci appare il mondo della corte Heian, che fiorì in Giappone intorno al decimo secolo dopo Cristo. Ignota all’Occidente e scarsamente nota persino in Cina, questa civiltà raggiunse una vertiginosa perfezione, di cui ci hanno lasciato dettagliata testimonianza soprattutto alcune donne dalla sensibilità sottilissima, come Murasaki e Sei Sho-nagon. Emblema di quel mondo è il «Principe Splendente», figlio dell’Imperatore, protagonista della Storia di Genji, che rimane il vertice ineguagliato della letteratura giapponese.
La corte Heian era una forma aristocratica chiusa e centrata su se stessa. Al suo interno vigeva una severa e complessa divisione in ranghi, così minuziosa da includere il rango dei fantasmi e quello della gattina prediletta dell’Imperatore. Ma il modo di manifestarsi del rango era innanzitutto estetico: la qualità della calligrafia o anche certi particolari minimi del comportamento, persino il «tono» della tosse. Come scrisse Waley, il «culto della calligrafia» fu allora la «vera religione». Quel periodo non mancò certo di conflitti e crudeli lotte di potere: ma «molti degli uomini che avevano raggiunto posizioni elevate nella gerarchia amministrativa Heian, dimostravano ben poco interesse per le loro responsabilità pubbliche e preferivano dedicare il loro tempo a comporre eleganti poesie in cinese o a controllare nei minimi dettagli complicate cerimonie, anziché adempiere ai prosaici doveri delle loro mansioni ufficiali». Un errore di gusto veniva considerato riprovevole come per un nobile europeo sarebbe stata una lesione del proprio onore. Quanto alle donne, le intravediamo nella «penombra dei loro tendaggi e paraventi» intente a coltivare e sviluppare sino a un impalpabile limite la percezione infinitesimale dei sentimenti e delle forme. L’impronta dell’epoca, intatta nel tempo, è innanzitutto femminile.
Ivan Morris dedicò buona parte della sua vita a studiare la civiltà Heian – e nel libro che qui si presenta sono condensate le sue lunghe ricerche: opera felicissima, sulla quale stinge la sovrana eleganza del tema trattato, non è soltanto un sostanzioso studio storico, ma un tentativo di ricomporre, in tutti i suoi aspetti, uno scenario remoto e fascinoso. Pervade qui ogni pagina un eloquente invito a ritrovare in noi lo «spirito dell’aware», parola intraducibile che si riferisce alla «qualità emotiva insita negli oggetti, nella gente, nella natura o nell’arte». Su tale sfondo, incantevole e precario, è qui evocata la vita di un mondo che splende nella memoria «come luci di navi nel buio dell’oceano».

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