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Anno edizione: 2011
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Franco Cassano ci ricorda che il recupero di una dimensione più rilassata dell’esistenza, meno competitiva e non orientata solamente verso l’innovazione, il successo e la velocità, deve diventare un obiettivo per tutti, pena l’autodistruzione individuale e collettiva. Pertanto invita a non lasciarsi condizionare e ipnotizzare da alcuni stereotipi imposti dai mass media: l’ossessione salutistica che ci costringe a jogging quotidiani stressanti; il tecnicismo che ci induce ad acquistare l’ultimo modello di auto, di computer, di cellulare; l’ansia di prestazione nel lavoro, nella sessualità, nello sport; l’allarmismo costante che ipotizza di continuo catastrofi ambientali, belliche, finanziarie. Stiamo diventando sempre più impazienti, pressati da impegni inderogabili e mete irraggiungibili: finiamo per “considerare inutili e noiose tutte le strade che conoscono la salita, le curve e la sosta, il mutare delle prospettive”. E questo ci succede anche nei rapporti umani che stabiliamo con gli altri: intimità, gioco, elaborazione del desiderio, costruzione di un’amicizia, silenzio e solitudine vengono considerati momenti fallimentari, non proficui, superflui. “Abbiamo scelto Cartesio invece di Montaigne, la via del controllo razionale e tecnologico del mondo invece di quella della saggezza, di quel sapere che non si è mai proposto di esorcizzare il limite, ma ha continuamente dialogato con esso”. Forse, secondo Cassano, è ora di rivalutare la vita flemmatica della provincia, la passeggiata senza scopo, “la nobiltà del cazzeggiare” perdendo tempo, i momenti di vuoto, di noia e di inoperosità in cui recuperare fantasie trascurate e nostalgie rimosse, il cappuccino gustato seduti in piazza piuttosto dell’espresso trangugiato in piedi al bar. Provando a “uscire di lato dalle giornate, a sospenderne la pressione per rimettere in ordine le proporzioni, ciò che viene prima e ciò che, anche se crede di essere importante, deve imparare a fare la fila e attendere il suo turno”.
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