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Ai fini di una comprensione delle politiche pubbliche adottate dai governi repubblicani può risultare molto proficuo ricostruire le biografie intellettuali di alcuni esponenti della Democrazia cristiana e soprattutto della sua correte definibile come di “sinistra”. Maurizio Serio ci fornisce pertanto uno strumento storiografico con questo ritratto di Gronchi, della sua formazione politica e ideologica dalla prima giovinezza fino al 1955, anno dell’elezione alla presidenza della Repubblica. Dall’incontro e dal confronto con Murri e Toniolo il giovane Gronchi matura la convinzione che il cattolicesimo politico debba tematizzare la “questione sociale” e farne il proprio cavallo di battaglia. L’esperienza della prima guerra mondiale, che gli valse una decorazione al valor militare, e la militanza nel Partito popolare italiano, gli faranno affrontare l’avvento del fascismo da una posizione che non risulta a tutt’oggi decifrabile. Serio ci suggerisce che stia proprio in quel torno di anni un’ulteriore maturazione e torsione del pensiero politico gronchiano. Da un lato, specie durante l’iter parlamentare della legge Acerbo, emerge un atteggiamento pragmatico e, per certi versi, persino spregiudicato, che si ritroverà più marcato nel secondo dopoguerra. Dall’altro , una volta compresa l’impossibilità del programma di democrazia sociale da parte del fascismo, Gronchi recupera la polemica dell’intransigentismo ottocentesco contro lo stato accentratore e affianca nel proprio repertorio l’antifascismo all’antiliberalismo coltivato sin da giovane. Dopo il 1945 la sintesi dei due miti sarà l’idea di “programma”, con cui si comprende il ruolo di Gronchi nella mutazione della politica democristiana tra la fine del centrismo e il varo del centrosinistra.
Danilo Breschi
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