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Un uomo, dopo una vita passata come dirigente nella pubblica amministrazione, si ritrova in pensione senza una compagna e senza figli. Unico legame famigliare, una zia che va a trovare regolarmente in una casa di riposo; gli amici sono quasi tutti ex colleghi ancora in servizio. Ed è proprio durante le visite dalla zia che l'uomo, nonché narratore in prima persona, conosce Léo, un arzillo novantanovenne anch'egli ospite della casa di riposo. Il legame fra i due si fa ogni giorno più stretto e alla morte della zia l'unica decisione possibile sarà quella di adottare Léo. Pierre Gagnon racconta in questo piccolo libro l'anno di convivenza tra i due uomini, uno anziano e uno molto anziano. La morte è l'angosciante sottofondo di un rapporto che si evolve in funzione dei bisogni di Léo, a cui il protagonista si mette al totale servizio, mosso dal bisogno di condividere un'esistenza troppo a lungo solitaria. Gagnon, con una descrizione asciutta e struggente, ma mai consolatoria, esplora quello spazio esistenziale in cui la memoria decade e il corpo non è più controllabile e gestibile. È un narrare delicato che coinvolge e scuote, la storia assume su di sé la fisicità fragile e leggera di Léo, il cui passato ci è sostanzialmente ignoto, ma il cui futuro è concentrato riga per riga nei pochi gesti disordinati e confusi che riempiono le sue giornate. Il rapporto fra i due si fa giorno dopo giorno sempre più claustrofobico, le esigenze di Léo occupano interamente le giornate del suo "padre adottivo" fino a quando la separazione tra i due diviene inevitabile. Non sarà la morte a separare i due compagni, ma l'impossibilità del protagonista di assistere Léo, ormai sempre più perso in uno stato di semi-incoscienza. Léo vive ormai con l'unico desiderio di poter morire. La giovinezza si è allungata fino alla soglia dei capelli grigi e la vecchiaia contiene un tempo nuovo, quasi parallelo alla morte. É il tempo nuovo in cui i figli si fanno padri dei propri stessi padri.
Giacomo Giossi
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