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Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2018
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Copertina colorata e accattivante. Il libro si suddivide in due parti: la prima, il racconto di un tradimento vile; la seconda, un saggio breve sull'io. Il tema è molto forte e difficile da trattare, ma l'autore riesce a mettere in evidenza come i social portino ad esaltare il proprio io attraverso selfie e altro. per me è stato il primo approccio con l'autore, mi sento di consigliarlo sia per la fluidità della scrittura, che per l'argomento trattato.
Il racconto iniziale è interessante e ben scritto (purtroppo non ho letto altro dell'autore, ma conosco benissimo i suoi titoli e talenti, quindi mi riprometto di farlo). La seconda parte, decisamente più riflessiva e filosofica invece mi ha lasciato un po' perplessa.
Volumetto snello per formato ma non per importanza di argomenti trattati “Il mio romanzo viola profumato” è un libro che sicuramente attirerà la vostra attenzione e che vi stupirà per la sua genialità. Basato su due brani legati tra loro, questo libro è una riflessione sull’arte stessa del narrare, sull’essere scrittore, ma soprattutto sull’identità e sull’“io” che ogni autore racconta attraverso le sue opere. McEwan attraverso un’analisi più che altro antropologica, delinea brevemente ma altrettanto lucidamente, la situazione sociale attuale concentrata sull’esaltazione dell’“io” e ci narra di come l’arte possa farne da amplificatore: una riflessione sull’identità e su come viene percepita dagli stessi individui, sulla natura narrante del singolo, specialmente in ambito letterario, e di come questo tema sia divenuto sempre più oggetto di interesse nei giorni d’oggi. Con uno stile dinamico ed efficace, McEwan ricorda come nella narrativa l’uso della prima persona risalga già a secoli orsono e su come il rapporto autore-protagonista abbia da sempre posto interessanti spunti critici ai lettori più attenti. La presenza dell’“io” in ogni opera d’arte è determinante. L’individuo nella sua storia umana è mutevole e molteplice: dall’infanzia alla vecchiaia egli è tante persone diverse nel tempo, che trovano una unità e una composizione alla fine del percorso esistenziale, sviluppando caratteri e sentimenti via via diversi. Un’infinita narrazione di sé stessi e del/dei proprio/i io agli altri. Lo scrittore con questo testo ci invita a rivedere la nostra idea di unicità, il bisogno di costante autocelebrazione, proponendo una riflessione sul ruolo della narrativa nell’elaborazione di un modello identitario, che sia libero da vincoli emulatori. Un omaggio all’“io” e alla “tragica impermeanza della nostra mortalità”.
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