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Nell’immaginario collettivo l’Iraq è una terra che viene percepita in due modi opposti: il primo,filtrato dalla storia,affascinante e misterioso,ci riporta alla Mesopotamia,fertile mezzaluna tra i due fiumi Tigri ed Eufrate,culla della scrittura e paese dei giardini pensili; l’altro,attuale,veicolato dai mass media,sinonimo di guerra devastante,autobombe,attentati suicidi,diritti negati alle donne. Passato e presente di una terra travagliata,incomprensibile e sconosciuta ai più. Dario,come un novello Sindbad il marinaio,si immerge nella realtà quotidiana,ne esplora scenari unici,incontra i “mostri” che la guerra produce e alimenta e ce li presenta nel suo libro in cui ci racconta senza preconcetti,la sua esperienza in questo paese negli anni subito dopo il rovesciamento del regime di Saddam Hussein. Con grande obiettività ci illustra la struttura tribale,responsabile di molte restrizioni e soprattutto della continua violazione dei diritti delle donne,il cui destino è legato alle decisioni della famiglia,vittime innocenti ed impotenti di un regime che le annulla. Nello stesso tempo l’autore ci mostra anche certi aspetti inediti di questo paese come l’amicizia con Nedhal,una donna coraggiosa che ha sofferto,ma è capace di ribellarsi. Nel racconto sull’attentato a Nassirya dell’Aprile 2006 quando un ordigno esplose contro una colonna di mezzi dei carabinieri,causando quattro morti ed un ferito,come apprendiamo a distanza dal tg,si sente tutto il dolore di chi ha vissuto il fatto realmente.Bravo Dario per questa cronaca sentita di un marinaio a Baghdad che alla partenza vive il dolore della separazione dalla famiglia, mescolato al fascino dell’avventura, del rischio in una zona di guerra e poi rivive al contrario la gioia del rientro, unita alla sofferenza del distacco e un brava anche alla moglie che l'ha supportato, perchè chi resta a casa non soffre di meno. Al valore del libro, si aggiunge la nobile azione di aver devoluto i proventi alla Lega del Filo d'Oro.
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