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In questo saggio si profetizza una società formata da soggetti con tali deficit identitari da renderli incapaci persino di dotarsi di una soggettiva aspirazione a divenire scienziato, artista o filosofo a causa della deprivazione di certe esperienze di identificazione profonda tipiche del nostro stile di vita, deprivazione patita dalle nuove generazioni costantemente iperconnesse. Tale "mind change" deriverebbe dall’uso della tecnologia digitale imperniata sulla logica computazionale come rilevato da alcune ricerche che proverebbero un aumento della cosiddetta componente fluida dell’intelligenza, in letteratura definito effetto Flynn, non accompagnata da un altrettanto aumento dell’intelligenza cristallizzata. Quest’ultima sarebbe principalmente espressa nella creatività definita, a sua volta, come la capacità tipicamente umana di destrutturare e ristrutturare in maniera personale e originale i dati di realtà; in altri termini, l’opposto del training cognitivo imposto dalla attuale pratica digitale. L’autrice riporta l’aneddoto di Bohr che, rivolto ad uno studente, sentenziò: “non stai pensando, stai semplicemente usando la logica”, sottintendendo che la logica computazionale non potrà mai risolvere problemi paradossali come, ad esempio, quello della scala infinita di Penrose o delle stampe di Escher. Il libro cita anche dati confortanti derivanti dall’utilizzo delle nuove tecnologie e dei social come, ad esempio, l’abbattimento della timidezza o la spinta a fare amicizia ma il bilancio finale appare fosco. Per citare le parole dell’autrice “… le identità personali potrebbero essere costruite esternamente e rifinite in base all’approvazione di un pubblico, con un approccio artisticamente più suggestivo rispetto ad una solida crescita personale; omissis ; la massiccia dipendenza dai motori di ricerca e la preferenza per il navigare rispetto al ricercare potrebbe determinare un’elaborazione mentale rapida a scapito di una conoscenza profonda”.
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