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Facendole precedere da un solido saggio introduttivo, Dilemmi presenta le memorie di Domaschi, anarchico veronese vissuto fra Otto e Novecento, la cui attività politica ha inizio alla vigilia del primo conflitto mondiale, quando l'acceso confronto che frantuma la sinistra, e mette in crisi lo stesso movimento libertario, lo vede su posizioni antimilitariste. Nel dopoguerra, come buona parte degli anarchici, anch'egli resta affascinato dalla Rivoluzione d'ottobre. Un'illusione che sarà di breve durata. La sua prima incarcerazione risale alla primavera del 1921, all'indomani di uno scontro di piazza con i fascisti. Più tardi, nel quadro della repressione seguita all'attentato Zamboni (31 ottobre 1926), Domaschi viene inviato al confino (Favignana, poi Lipari). Nel 1928, il Tribunale speciale lo condanna a quindici anni di prigione. Sconta la pena in varie carceri, dove ha modo di incontrare, fra gli altri, alcuni esponenti di Giustizia e libertà, con i quali avvia un dialogo che proseguirà al confino di Ventotene. Proprio nella disponibilità a tessere rapporti con le diverse correnti del movimento operaio più che nei numerosi e quasi sempre sfortunati tentativi di evasione risiede il tratto più interessante della sua azione. Al pari degli altri anarchici confinati, è trasferito, dopo la caduta di Mussolini, nel campo di concentramento di Renicci di Anghiari, dal quale riesce a fuggire prima dell'arrivo dei tedeschi. Raggiunge Verona e aderisce al Cln, i cui membri vengono però catturati nel giugno 1944 dai fascisti, torturati e infine consegnati ai nazisti. Domaschi è condotto nel campo di concentramento di Bolzano, quindi a Flössenbürg, Kottern e infine Dachau, dove muore nel febbraio 1945. Roberto Giulianelli
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