Mia madre mi odia
di Leyla Ziliotto
Nel settentrione d'Italia di fine anni ottanta, un matrimonio misto. L'educato figlio di una famiglia piccolo borghese e un'avvenente, misteriosa nordafricana convolano a giuste nozze, ponendo così le premesse per una famiglia. Tuttavia, la nascita dei figli pone subito il dilemma della scelta: quanta italianità e quanta africanità sarà loro consentita? Dipendesse dalla madre, in una gara assurda fra culture e dispute famigliari, il trofeo spetterebbe al retaggio africano, ma ha fatto male i conti. L'anaffettività, il narcisismo e il continuo sprezzo per l'italianità in tutte le sue forme congelano a tal punto il rapporto con la figlia, da far credere a quest'ultima di essere in costante pericolo e spingerla a cercare rifugio presso i nonni paterni, nel nido confortevole che la protegge dalle tempeste quotidiane di casa. In un crescendo di dispetti crudeli, inganni e falsità, l'adolescenza della protagonista procede a scatti, fra inceppi e ostacoli. Quella che è nata come una sensazione priva di contorni certi prende corpo e si mostra nella sua forma peggiore: un incubo lucido, una precarietà costante.)
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