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Mia madre col cappotto sul letto - Mariella Palumbo - copertina
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Mia madre col cappotto sul letto - Mariella Palumbo - copertina

Descrizione


Nell'abbandono di macerie in un cortile di un quartiere napoletano periferico e post industriale, una bambina scopre, come in un giallo, i segni del suo mondo andato in frantumi. La scoperta della verità, la possibilità di occultarla alla vista e alla memoria, e la fuga, diventano da allora le tre strade possibili da percorrere. Trascorsi i trent'anni Giovanna, la protagonista di questo diario racconto, sente di trovarsi ancora al centro di quel trivio, paralizzata dall'indecisione della scelta e ben lontana, quindi, dall'abitare nella verità, o anche, semplicemente, dalla scoperta che esista una verità, condivisibile, delle cose e dei fatti. Alla fine, con un sollievo doloroso, sente di fare anche lei parte dei "vampiri di senso", categoria che accomuna, nel suo codice personale, tutti coloro che hanno bisogno di altri per dare significato alla propria esistenza vuota: "gente ca le a sciuscià areto p' a fa campa".
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Dettagli

2014
1 ottobre 2014
166 p., Brossura
9788882923198

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marisa schiano
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Romanzo colto, numerosi riferimenti filosofici e letterari ma lettura piacevole e avvincente. La protagonista , adulta , ripercorre in una progressiva destrutturazione, episodi della sua vita da lei stessa definita " un'affollata solitudine ", alla ricerca della verità. Verità degli affetti, rispetto ai quali Giovanna si sente il più delle volte inadeguata : al figlio " Bambino, scusa. Ti è capitata in sorte la peggiore delle madri "; al compagno " mi sento scontata e inutile e avverto in te una finzione " Verità delle relazioni ma com'è difficile perfino comprendere l'inclusione e l'esclusione, categorie fasulle della normalità e dell'essere altro, l'avere una " dignitosa normalità" piuttosto che l'essere, un essere aspro e faticoso perché isola dalla" tabula absentiae " che accomuna i normali. E ancora l'incomunicabilità, le parole che tradiscono e i silenzi che tagliano fuori così come disorientano l'assenza dei gesti noti e l'abbandono delle persone amate - e poi si stendono sul letto " col cappotto addosso e un foulard a strisce, abbandonando per sempre la vita propria e degli altri ". E' l'omesso, il mancato, che ancora tormentano Giovanna, quelle porte chiuse che prefigurano una realtà sulla quale, per Giovanna, possono o meno aprirsi. Il significante è ma più spesso non è il significato e quando lo nasconde, Giovanna lo rifugge, nella sua costante, intensa ricerca della verità. Perfino i numeri, nella loro ineluttabile oggettività, rappresentano per lei " ciò che è ma può non essere ". Dove si chiude il cerchio? Dove si riallacciano " i nessi discronici " di tutte le esperienze fatte e le vite non vissute, come dice lei, " la vita che non ci siamo dati "? Ai miei occhi di lettrice è in questo " non " e in questo plurale che si compie la storia di Giovanna, si spezza la sua solitudine, si accomuna a gli altri. " io nun voglio truvà a nisciuno, io mi voglio perdere pur'io " nella prevedibilità del quotidiano-

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