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Un pennello – più che una penna - che crea immagini in modo elegante e sicuro, diluendo colori che entrano uno nell’altro, escono dai propri contorni e interagiscono fino a dare un quadro ad acquarello coerente, dai toni delicati e decisi allo stesso tempo; fino a rendere questo racconto ottocentesco un piccolo gioiello di stile, di misura e armonia. Uno spaccato della campagna inglese, splendidamente ritratta. Una vita scandita dai ritmi precisi dei campi da coltivare e dai precetti religiosi, ma che si muove oltre le incombenze quotidiana. Passa attraverso gli impulsi della modernità, attraverso la curiosità e la voglia di altra conoscenza, di un arricchimento che vada oltre il Verbo, insieme ad Esso. La vita, come un foglio di carta, assorbe i colori dei suoi personaggi, delle loro personalità tratteggiate senza clamore, la cui impressione si espande come in un acquarello, appunto, mescolandosi e restituendo l’ingenuità, l’illusione, la forza dell’onestà, la genuina fiducia e l’apertura a nuovi i sentimenti a nuove idee, la capacità di rinascere da se stessi, dopo il dolore, come in un’intima celebrazione dell’esistenza.
1864 - Cousin Phillis, leggero, delicato, atmosfere e delicatezza vittoriana di sentimenti, molto dolce, una lettura piacevole
Una delicata storia d'amore sullo sfondo di un mondo rurale armonioso e lavoratore. L'io narrante Paul, descrive i primi turbamenti d'amore della cugina Phillis.
Recensioni
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scheda di Galeotti, A.E., L'Indice 1995, n. 7
recensione pubblicata per l'edizione del 1995
Il grande romanzo femminile inglese, con l'eccezione di pochi capolavori, in Italia è in generale poco conosciuto, guardato con sufficienza, ritenuto lettura per signorine. Peccato: perché non solo di grandissima e godibilissima letteratura si tratta (la prima grande fioritura collettiva di talenti femminili) ma anche del più ricco strumentario di lavoro ché i filosofi/e morali possano desiderare. Ed è su questo aspetto che vorrei richiamare i lettori potenziali di "Mia cugina Phillis". L'autrice, brava anche se di caratura inferiore rispetto a Austen, alle Bronte e a Eliot, nota soprattutto come biografa di Charlotte Bronte, merita di essere conosciuta soprattutto per l'interesse delle sue storie. "Mia cugina Phillis" ha un impianto classico e una narrazione distesa e piacevole, facilmente seguibile sul testo originale: c'è un io narrante, Paul Manning, che è anche personaggio non protagonista e cugino di Phillis Holman, l'eroina (bella, colta e ingenua) sfortunata in amore. C'è l'innamorato, Mr Holdsworth (bello, ricco e seducente), destinato ad abbandonare. Ma la vicenda non è così prevedibile e scontata grazie al contesto e allo sfondo in cui la storia si svolge, alla caratterizzazione dei personaggi e all'assenza di un giudizio morale nonostante il male prodotto. A rendere non banale la storia c'è innanzi tutto la famiglia di Phillis, con lo straordinario padre ministro 'dissenter', agricoltore e uomo di lettere oltreché di Dio; la più ordinaria madre, e il contorno di semplici e saggi lavoranti e domestici. C'è il padre di Paul, inventore, uomo dell'era industriale, convinto assertore dell'ingegno, del merito, del sapere tecnico. E c'è la campagna inglese, come sempre idillica, e il progresso industriale, non demonizzato. La cosa interessante è che non ci sono colpevoli nel dramma di Phillis, che infine supererà la prova uscendone adulta: è piuttosto il dramma dell'autoinganno che coinvolge un po' tutti gli attori, a eccezione della vecchia Betty che non "sa", ma "sente" la verità. Ed è anche un caso tipico in cui il male è prodotto più dalla sorte che dalle responsabilità dei singoli.
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