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Ho iniziato a leggere questa storia un po' prevenuta, non sapevo cosa aspettarmi. Già dalle prime pagine però mi sono immersa nel racconto e non sono stata più capace di staccare gli occhi dalle parole. Questa storia trae spunto dalla vicenda personale dell’autrice, Antonietta Pastore, più precisamente dalla vita di una delle zie di suo marito, Yuriko, e racconta la travagliata storia d’amore tra Yuriko, giovane contadina, e Yoshi, un giovane appartenente a una famiglia di samurai, durante la Seconda guerra mondiale. Questo racconto è narrato con una delicatezza e un tatto unici. Ma cosa ben più importante, invita a riflettere su una tematica molto importante: la discriminazione che le vittime (specie le donne) delle bombe di Hiroshima e Nagasaki hanno subito da parte dei loro stessi concittadini. Attraverso la storia di Yuriko, Antonietta Pastore ha dato voce anche a quelle donne – di Etajima, di Hiroshima o di altrove – che sono state doppiamente vittime, ma di cui “si è sempre evitato di parlare”. È un libricino molto piccolo ma intimo, dolce e a tratti struggente. È denso di sentimenti, dolore e nostalgia. È una lettura che ho apprezzato molto, scorrevole ma che ha lasciato il segno.
Lettura interessante e intensa, bellissima la figura, reale tra l'altro, di Yuriko donna prima vivace ed emancipata per poi diventare nel post Hiroshima, dolcemente malinconica e rassegnata. Una storia rivelata dalla Pastore, membro acquisito della famiglia di Yuriko, attraverso un plico di lettere che riveleranno molto di questa donna così mite e graziosa. Una parte della storia catastroficamente drammatica come quella dell agosto '45 ad Hiroshima che ha lasciato ferite visibili ed invisibili, la Pastore sa narrare con molto rispetto usando il suo stile arioso e mai pesante.
Antonietta Pastore, persona che (oltre Giorgio Amitrano) dobbiamo ringraziare per le ottime traduzioni di Murakami e altri autori giapponesi, ci regala in questo libriccino una storia molto particolare narrata con tanta dolcezza e tatto. Ciò che mi ha fatto apprezzare ancora di più il libro è che questo non è un racconto fine a se stesso ma c'è qualcosa di più, una piccola luce su una tematica sulla quale c'è molto da riflettere.
Recensioni
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Fukushima, primavera 2011; Hiroshima e Nagasaki, agosto 1945: che cosa lega questi eventi oltre alla loro comune natura di fenomeni distruttivi, sconvolgenti, portatori di morte? L’avere generato conseguenze che “continuano a lavorare sui sopravvissuti attraverso gli anni e le generazioni”, e vanno a sommarsi alle vittime fisiche del fungo e dello tzunami. Yuriko è appunto una vittima dell’atomica: non solo o non tanto perché molti anni dopo, come numerosi giapponesi contaminati dalle radiazioni, si ammalò di cancro, ma perché la sua vita privata, dopo il 6 agosto, non poté più dirsi sua, determinata ormai dalla feroce e ineluttabile intrusione nelle scelte più intime degli effetti e dei contraccolpi di quella terribile giornata.
Antonietta Pastore, per il rapporto intenso e duraturo con quel paese (è traduttrice di Murakami Haruki, Natsume So¯seki, Kawakami Hiromi e autrice di libri tra narrazione e antropologia sul Giappone), all’indomani di Fukushima, avverte con forza l’urgenza di scrivere: “Ci sono storie che sonnecchiano dentro di noi, come se attendessero il momento giusto per venir raccontate, l’evento che dopo anni le rende di nuovo attuali e le ripropone in tutta la loro drammaticità”. La storia prende avvio dall’incontro con Yuriko, zia acquisita di Pastore, e ha al centro la suocera (alla quale l’autrice era legata da un rapporto di rispetto e di amorevole complicità), figura luminosa, che ricopre il ruolo di guida nel percorso di avvicinamento all’esistenza e al dramma della sorella Yuriko. Di lei si parla per indizi disseminati nel testo che conducono a poco a poco al disvelamento del mistero della sua vita e del rapporto poi interrotto con il marito, Yoshiaki. Cadetto della marina militare, conosciuto nel 1943, di classe sociale elevata, a differenza di lei: solo in un momento straordinario come quello di un paese in guerra era stata possibile una simile unione, sulla base di un amore appassionato, tenero, esclusivo. Come può un’unione così perfetta, che ha superato prove tremende, finire con la separazione? Si capirà: identiche prevaricazioni, da parte del resto della popolazione, hanno subito gli abitanti di Fukushima.
Recensione di Luisa Ricaldone
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