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recensione di Bardi, M., L'Indice 1993, n. 4
Difficile parlare di metrica e di poesia per un secolo che ha registrato il sovvertimento di abitudini secolari, la rottura con la tradizione, il 'dérèglement' delle forme codificate; Esposito affronta la questione con la consapevolezza di offrire un quadro parziale e sceglie un taglio non accademico e un linguaggio chiaro e diretto. Il volume, che considera un ampio numero di autori e di esempi, si apre con un capitolo sul verso libero, la cui fortuna si consuma, secondo l'autore, almeno nella prima metà del secolo, fra i due opposti modelli della frantumazione lirica ungarettiana e del verso lungo e narrativo di Pavese. Nel secondo capitolo, seguendo il percorso del progressivo sfaldarsi del metro e della ricerca di una difficile libertà formale, Esposito prende le mosse (sulle orme di Contini) da Carducci, D'Annunzio e Pascoli, per individuare le anomalie metriche di Gozzano, il gusto musicale di Corazzini e l'ispirazione giocosa e parodica di Palazzeschi. Risulta così fin dall'inizio che la ricerca d'innovazioni metriche procede in maniera imprevista ed è spesso indipendente dalle scelte della poetica e delle idee: il gusto della rappresentazione rapida e accumulativa e la libera immaginazione di Rebora e Campana vengono collegati, per esempio, con un accostamento imprevisto, alle tecniche futuriste. Esposito riesce in ogni caso a fondere il discorso tecnico sulla metrica con una presentazione sintetica delle ragioni poetiche dell'autore e con acute interpretazioni critiche: esemplare il passo relativo a Sbarbaro, che può costituire il supporto essenziale di una lezione scolastica sull'autore o di una presentazione di brani poetici. Ampio lo spazio dedicato alla poesia di Ungaretti, Saba e Montale, accomunate da "un'esigenza di rigore intellettuale che esclude sia l'abbandono sentimentale che la morbidezza formale''. Il discorso procede con un'analisi del linguaggio poetico di Luzi, Gatto, Penna e Pavese; dopo la cesura costituita dalla guerra sembra dilagare in letteratura una contaminazione di generi che spinge la poesia verso modi narrativi e prosastici: "La prosa, dunque, poiché non è più possibile il canto; la comunicatività razionale perché l'allusività lirica non consente di circoscrivere e di definire chiaramente una situazione che potrà essere modificata solo avendone un'adeguata consapevolezza". Da Sereni a Pasolini, da Luzi a Bertolucci, l'autore traccia le linee di una riflessione razionale in forma di poesia. Nella fase più recente Esposito riconosce invece una molteplicità di tendenze in cui non è facile orientarsi, ma è possibile cogliere il tentativo di recupero di una componente musicale che non è il segno di un'abdicazione alla logica razionale, ma un modo per oltrepassarne i limiti. Molto interessante anche l'ultimo capitolo, in cui ci si sofferma sull'uso, a partire dallo sperimentalismo del dopoguerra, delle forme metriche tradizionali dal sonetto alla canzone, dalla terzina alla sestina: un uso allusivo e denso di licenze, trasgressioni e ironia in cui Esposito legge, piuttosto che una sfiducia negli strumenti tramandati, la necessità di tenere vivo un dialogo con il passato, sia pure nella forma della critica e dello stravolgimento. Per la forma sintetica, il riferimento costante ai testi e la puntuale citazione di opere e autori, l'analisi di Esposito si rivela uno strumento particolarmente utile per l'insegnante che intenda affrontare il tema della peculiarità del discorso poetico novecentesco dal punto di vista di un raggiunto equilibrio fra ricostruzione storica e ricognizione analitica.
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