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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2023
Anno edizione: 2023
«Qui vorremmo ripercorrere brevemente il cammino che ha condotto una formazione politica (quella educata nel Pci), per progressive trasfigurazioni, a farsi alfiere di valori antitetici rispetto a quelli su cui era sorta.»
A cento anni dalla nascita del Pci, Canfora si interroga sulla metamorfosi progressiva di quel grande partito. Una metamorfosi che ha al centro il 'partito nuovo' di Togliatti. Quella fu, nel 1944, una seconda fondazione. Fu la non facile nascita di un altro e diverso partito: diverso rispetto alla formazione 'rivoluzionaria' sorta vent'anni prima. La nuova nascita era una necessità storica, nella situazione mondiale del tutto nuova determinata dalla sconfitta dei fascismi. Ma le potenzialità insite in tale nuovo inizio non furono sviluppate con la necessaria audacia da chi venne dopo: Berlinguer incluso. Riannodando i fili di questa storia, Canfora cerca le ragioni del mancato riconoscimento dell'approdo socialdemocratico che il mutato contesto storico determinava. Una timidezza che ha contribuito alla successiva debolezza progettuale e 'svogliatezza' pratica. E alla progressiva perdita di contatto con i gruppi sociali il cui consenso veniva dato ottimisticamente per scontato.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Analisi lucida di come siamo arrivati da Gramsci, Togliatti e Berlinguer a "questi qua" (per dirla con Filippo Ceccarelli)- Qualche pagina in più sarebbe stata utile. Disamina, in ogni caso, largamente condivisibile. Solo un altro appunto: compagno Canfora, scrivi periodi più brevi e deponi il vocabolario crociano. L'Ottocento è finito.
Luciano Canfora è uno studioso eccezionale, sempre capace di stimolare le riflessioni dei lettori e anche questo piccolo libro non fa eccezione. Si tratta di un excursus molto personale delle vicende che dal P.C.d'I. e soprattutto dal P.C.I., il "partito nuovo" di Togliatti, portano all'attuale Partito democratico: il tono è quello del pamphlet e la tesi forte è la natura "socialdemocratica" del PCI di Togliatti, tradita dai suoi successori (Berlinguer compreso, piuttosto criticato dal filologo) fino alla creazione di un partito "liberale" senza memoria di sé e aggrappato al puro "europeismo", inteso come "l'internazionalismo dei benestanti". Seppur la vis polemica e la raffinata ironia di Canfora sono senza dubbio coinvolgenti e divertenti, la ricostruzione personale delle vicende del PCI resta un po' discutibile sul piano dell'analisi storica (in particolare l'interpretazione di un Togliatti del tutto "socialdemocratico", dell'ala "migliorista" come quella più consapevole rispetto alle altre o il riduzionismo della figura di Berlinguer); inoltre la conclusione a favore di un ritorno della sinistra italiana ad un'opzione socialdemocratica dopo i marosi del Novecento sembra trascurare che in quel secolo è sì fallita l'ipotesi comunista così come si era generata attorno all'Ottobre russo, ma anche la socialdemocrazia europea ha mostrato tutti i suoi limiti, andando incontro, dopo il 1989, anch'essa ad una crisi gravissima di identità e politiche. Dunque la riflessione di Canfora appare talvolta poco generosa con alcuni protagonisti del comunismo italiano e, in altri momenti, un po' troppo "ottimistica" e non del tutto convincente.
Nobile landa del teorico spintosi a livelli di profondità suprema, ma nell'ammissione insieme di un'analisi mai elevata a fasti d'azione corrispondente. Come un capolavoro monco che da un secolo e mezzo si sporge dai balconi ad angolo del palazzo del potere, da scantinati umidi, loggioni malmessi, tentando l'eterna rincorsa dell'uguaglianza, il dardo sofferto che penetri nel sordo cuore dei palazzi che contano, figlio di strade, di fabbriche, di un tempo sociale e interiore nitidamente scansato dalle paludi ormai dominanti. Togliatti! Un gigante! Ma non saprei davvero - e mi piacerebbe un giorno chiederlo a Canfora - se si può davvero salvare solo quel ventennio di Palmiro a ricostruire un'oncia di verità autentica o ci sia anche spazio per gli anni successivi. La critica a Berlinguer non la capisco, mi è sembrata eccessiva, assurda, a tratti gratuita. Identificare il riformismo di sinistra solo con Togliatti è secondo me riduttivo. Ma detto questo il pugno dello stomaco conforta ugualmente. Restano pagine di tagliente lucidità dalle quali astenersi è colpa raddoppiata. Resta un bilancio progettualmente meraviglioso, spinta e sentimento declinati a livelli di vera consapevolezza morale, resta un Partito attraversato tra fasti irripetibili e successive cadute, una biografia che ancora si aggrappa a qualcosa, sperando che qual qualcosa non siano solo malinconie poetiche. La torsione che serve è di proporzioni immani, come spostare un masso primordiale con dita di bambino. Ma il sogno non può abdicare alla mota dell'uguale, ma rifarsi in uomini nuovi, in altri figli, fra interlinee certo più pulite di ogni approssimazione senza presa. Canfoa, mio maestro, vorrei incontrarti sul vasto atlante della parola, ad omaggiarti in ogni caso con gratitudine infinita.
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