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Metamorfosi di un modello repubblicano. Francia 1944-1993
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2006
10 gennaio 2006
240 p.
9788840003849

Voce della critica


recensione di Bongiovanni, B., L'Indice 1996, n. 4

Se ne sentiva l'urgenza. Un'ampia e densa introduzione. Una ricca e ben strutturata antologia delle interpretazioni del sistema politico francese della seconda metà del secolo, il quale, com'è sin troppo noto, è stato, nel prˆt-à-porter politologico dell'autunno-inverno 1995-96, completamente destoricizzato e gettato in pasto all'opinione pubblica italiana come se fosse un modello incontaminato dal contraddittorio fluire degli eventi. Questo volume è dunque particolarmente utile per aiutarci a rammentare, se si dovesse ancora smarrire la memoria, che ogni costituzione, e ogni sistema politico, come ben sapevano anche i grandi e "veri" reazionari come de Maistre e Chateaubriand, hanno una irriducibile specificità storica. Si comincia, dopo un prologo nel cielo della III Repubblica, con la Liberazione della Francia. E ci troviamo subito, saltando la parentesi vichyssoise che aveva interrotto per la terza volta il flusso repubblicano, in presenza della IV Repubblica, la prima, e l'ultima, fornita di un sistema elettorale proporzionale. Nasce dalla Resistenza e insieme sotto la tutela provvisoria di un generale, Charles de Gaulle, avversario del sistema dei partiti, ma destinato a creare o sostenere partiti (come l'Rpf che ottiene il 40 per cento nel '47) che inizialmente si pongono come antipartiti e che poi finiscono con il diventare partiti come gli altri. La decolonizzazione mancata porta comunque, dopo soli quattordici anni, alla morte della IV Repubblica. Nel maggio del '58, de Gaulle, in seguito al pronunciamento algerino di Salan e Massu, è dotato di pieni poteri come dittatore repubblicano classico e poi, a somiglianza di Silla, come dictator rei publicae constituendae causa. Nel settembre, riportati all'ordine i generali ribelli, un referendum consente infatti di approvare una nuova costituzione che istituisce una repubblica presidenziale. Il governo di un generale considerato "di destra", tuttavia, porta a termine la decolonizzazione (laddove radicali e socialisti erano stati impotenti), lotta vittoriosamente contro la destra terroristico-eversiva dell'Oas, modernizza industrialmente la Francia come mai prima, struttura in senso dirigista lo Stato, inaugura una politica estera disancorata dagli Usa. In Italia fioccano gli applausi ottusi di un'estrema destra che si eccita quando crede di sentire il rumore delle sciabole. In realtà, a conferma della differenza dei contesti, de Gaulle è stato uno straordinario eroe della Resistenza europea contro il nazifascismo, mentre i suoi ammiratori italiani, sino a tempi piuttosto recenti, si situano in maggioranza nel solco di Pétain.
Semipresidenziale comunque il sistema politico della V Repubblica non nacque. Lo diventò. Solo nel '65, infatti, si palesò, con il passaggio a sinistra di un nemico della nuova costituzione come Mitterrand, la possibilità di un'alternanza e la realtà del bipolarismo. Nel '69, ritiratosi de Gaulle, la competizione fu tra due candidati di centro-destra. Nel '74, morto prematuramente Pompidou, Giscard vinse d'un soffio. Nell'81 vinse la sinistra con Mitterrand. Persino i comunisti, per un triennio, prima del loro declino, ebbero dei ministeri. I presidenzialisti italiani sbiancarono. I partiti avevano comunque da tempo riacquisito potere rispetto alle istituzioni, tanto che si arrivò, dopo le elezioni dell'86 per il rinnovo del parlamento, a una coabitazione tra un presidente di sinistra e un primo ministro di destra, fenomeno che si riprodusse nel '93. Il semipresidenzialismo era ormai un fatto. La complessità della società civile, che rispose alla rigidità del potere nel '68, nell'86 e nel '95, aveva avuto la meglio sull'arcaica utopia che pretendeva di far coesistere la democrazia e la netta separazione plebiscitaristica dell'esecutivo dall'assemblea rappresentativa.

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