Spesso ci si lamenta che gli scrittori italiani (quelli da Premio Strega o Campiello) siano restii a cimentarsi con la letteratura per l'infanzia, a differenza degli stranieri (Grossman, Sepùlveda, McEwan
). È da salutare con piacere, quindi, questo primo libro per ragazzi di Veladiano, la cui scrittura è tanto più raffinata e delicata quanto più impegnativa e impervia la materia. Anche se resta un dubbio: se si tratti di un libro tirato fuori dal cassetto, dopo l'ultimo successo, o se l'ambientazione leggermente rétro non sia una scelta precisa, "ideologica", di rimpianto per un tempo da poco passato (ma sembrano cent'anni), in cui c'erano le cabine telefoniche e non i cellulari e le avventure infantili si svolgevano in un teatro aperto, pieno di segreti e misteri, e anche di pericoli che mettevano alla prova e facevano crescere, e non nel chiuso protetto (?) di scuole di calcio e di camerette davanti a monitor e consolle. Gli elementi sono tipici: la "Banda del Coprifuoco", così detta perché caschi il mondo tutti alle 18 devono rientrare a casa, un mistero con cartelli minacciosi e frasi della Bibbia, un'indagine segreta che induce a sortite notturne clandestine e alla fine mette perfino a repentaglio la vita di uno dei giovani investigatori (e di un nonno sconosciuto), la vigilanza elusa ma poi fortunatamente riaffermata delle famiglie, "liberali" secondo standard ideali ma realistici (un papà professore di liceo e scrittore che frequenta le fiere del libro, la moglie che recensisce libri per riviste e ha studiato teologia, come l'autrice, e riesce a decifrare le scritte bibliche, una coppia di fratelli affidati al nonno perché i genitori sono separati). E qui insorge un altro mistero che ha poco a che fare con la piccola delinquenza, bensì con drammi familiari ben più traumatici. Il doppio colpo di scena finale non è il solito escamotage da thriller, piuttosto un'esigenza narrativa più profonda e giustificata. Da dieci anni. Fernando Rotondo
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