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Editore e giornalista con alle spalle un'infanzia africana e una giovinezza tentata dalla lotta armata, Olivier Rolin è autore di intensi romanzi e scritti di viaggio molto apprezzati in Francia, in gran parte ancora ignoti ai lettori italiani, che disponevano finora della sola traduzione di Port Sudan (Donzelli, 1995), vincitore del Prix Fémina 1994. La recente traduzione di Meroe può dunque essere l'occasione per scoprire a un tempo lo stile originale di uno scrittore avido d'avventura nella vita e nella letteratura e le sofferte origini del Sudan, sul cui territorio "si sono succeduti, nel corso degli ultimi trenta secoli, regni vagamente faraonici, principati cristiani, sultanati musulmani". Una serrata narrazione in prima persona intreccia le inquiete considerazioni di uno scrittore parigino afflitto dal ricordo ossessivo di un amore perduto alla ricostruzione dell'assedio ottocentesco di Khartoum. La rievocazione storica non appesantisce mai il racconto, spesso ironico e discorsivo, che trova nella paradossale mescolanza di culture e religioni della storia sudanese la cifra stessa del romanzesco. I decadenti porti sul Nilo di Khartoum, Port-Soudan e Meroe, affollati di relitti e vestigia del passato, divengono così approdo ideale per un'eccentrica accolita di avventurieri suicidi, alcolisti visionari, archeologi sadici, tutti sospesi sul confine tra la vita e la morte. Sotto la veste del romanzo storico e d'avventura, Meroe cela, infatti, una profonda riflessione sull'attrazione per "l'enigmatica potenza dell'insuccesso", implicito omaggio a Rimbaud, Wilde e Conrad, eroi della magnificenza del perdersi citati con levità nel romanzo.
Annalisa Bertoni
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