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Memorie da una casa viva
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Descrizione


In uno scenario futuribile sull'orlo del baratro - metaforicamente e spaventosamente simile al nostro mondo occidentale, sempre più schiavo dell'alienante e coatto dominio della Tecnica -, Ilaria Folli, coraggiosa e giovane insegnante, si ritrova a fine anno scolastico in un'aula disadorna con quattro suoi affezionati alunni, per un ripasso in vista degli esami. Con i ragazzi - Emanuele, Giacomo, Chiara, Carmen - inizia quasi involontariamente un confronto sui grandi temi della vita. Ognuno si ritrova a raccontare una storia, a dare una testimonianza col proprio racconto: la resistenza individuale innanzi al potere costituito, l'amore, la fede nell'essere, la bellezza e lo struggimento dell'esistere, paiono essere valori e percorsi ardui ma forse, in tempi così agitati, ancora percorribili.
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Dettagli

2014
31 ottobre 2014
90 p.
9788849709605

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Caterina Pescosolido
Recensioni: 5/5

Il secondo romanzo di Elisabetta Cipriani "Memorie di una casa viva" ci porta nel mondo della scuola, un mondo a lei molto caro poiché è insegnante. L' autrice si ispira al libro "Memorie di una casa di morti" dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij, che considera una sorta di maestro e " interlocutore". Il romanzo di Dostoevskij tratta della sua esperienza da prigioniero in Siberia, mentre quello di Cipriani parla di libertà nonostante l' oppressione. Il libro ha un messaggio forte: «quasi quello di un naufrago in una bottiglia, di coraggio e fiducia nella vita nonostante i suoi drammi», come afferma la stessa autrice. La storia è ambientata in un futuro non molto lontano in cui la tecnologia ha preso il sopravvento sugli uomini, dove l'essere umano si spinge a fare rivolte spesso insensate. In questo contesto, però, c'è un'insegnante, Ilaria Folli, che non smette di credere nei propri alunni. Li invita a scuola per un ripasso generale in vista degli esami, ma si presentano solo quattro studenti. Dalla domanda di Ilaria: «Nessuno ha delle storie da raccontare?» scaturisce lo stimolo alla narrazione di vicende diverse fra loro, ma accomunate dalla sete d’amore. Chi incapace di esprimerne è tentato dal suicidio; chi vive in un regime dove si praticano aborti forzati e cerca disperatamente di salvare la vita del figlio che ha in grembo; chi lotta per amore della libertà, come il ragazzo di Piazza Tienanmen; chi è caduto nell' anoressia e ha bisogno di non essere abbandonato. È proprio questo che ha spinto Elisabetta Cipriani a scrivere: suscitare empatia per la vita nonostante il suo dolore.

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Maria Wyeth
Recensioni: 1/5

Ho già avuto la sfortuna di leggere un altro libro della stessa scribacchina, “I temerari” titolo che pareva quello di un libro di Moresco, e che invece nascondeva solo un altro maldestro tentativo di giocare a fare il finto scrittore perennemente esordiente e nutrire il proprio ego con i quindici minuti di applausi di parenti e amici. Ho voluto ritentare con questo, che se non altro è più breve e quindi fa passare in fretta la rabbia di leggere frasi che riescono a essere al tempo stesso sciatte e pretenziose. Ne sono uscita confusa, irritata, quasi sdegnata e infastidita dalla pesantezza della presunzione che trasuda da ogni pagina, frase o parola. Certi aspiranti scrittori dovrebbero spendere un po’ più tempo a leggere (e capire) i libri che non sono in grado di scrivere e maturare la consapevolezza che dei propri limiti. Qui si parte citando Dostoevskij nel titolo, ma nella sostanza c’è solo un altro insopportabile flusso di vaniloqui cattolicheggianti, pruriginosamente perbenisti e prevedibili quanto basta per passare silenziosi e dimenticati.

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