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Un'opera fondamentale perchè fondamentale è il suo autore e la sua teoria nell'ambito epistemologico della psichiatria, la teoria della dovuta svolta in senso antropologico culturale dell'approccio al fenomeno della devianza e il superamento del piano clinico naturalistico nella intelligenza della crisi psicotica. Chiarisce una legge di ricorsività della esperienza distimica del depresso e della malinconia che nessun autore prima aveva così profondamente intuito e cioè che la risoluzione dell'evento di lutto o perdita che ha scatenato la crisi non comporta nella patologia il superamento della crisi perchè il malinconico "reinveste" la sua esperienza negativa in altro e nuovo impegno esistenziale a negarsi ed a condannarsi. Non ci sono soluzioni nella esperienza psicotica della malinmonia in quanto la sua energia negativa reinveste continuamente in esperienze psicotiche nuove o attualizzate una tendenza al nulla che costituisce la fonte e non l'evento causato del lutto depressivo nella sua evenienza ricorsiva e puntuale. Solo una fenomenologia della esperienza psicotica della malinconia quale l'autore ha mutuato quantomeno nella ontologia fondamentale da Heidegger sulla esistenza inautentica poteva determinare una scoperta epistemica di così rilevante importanza e intelligenza. Nella teoria del giudizio criminale il contributo di questa opera è centrale: il malinconico delinque per ripristinare il rapporto dipendente collusivo con l'altro che lo tiene vivo e lo illude di vivere una esitenza invece solo parassitaria. Il giudizio criminale e la prevenzione giudiziaria hanno quindi un assioma di intelligibilità della coscienza malinconica che induce ad esatta cognizione del dolo aspecifico di specie. Il delitto e castigo che il malinconico iscrive nella sua esistenza per la morte e nella sua performance sempre inibita e immatura sono le cifre di una valutazione che si può sperare di veder dare effetti positivi più nel processo che nella terapia clinica.
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