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Anno edizione: 2019
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Il titolo volge in domanda quella che in Raboni è un’affermazione tattica (a p. 305, o a p. 315); e sembra molto appropriato, perché Raboni non stava zitto, ma discuteva, stroncava, meno per questioni di umore e molto più per riaffermare una strategia, un’idea della letteratura e della sua funzione. E se non sempre è necessario convenire con suoi giudizi su libri e autori, molto si rimane interrogati dalle sue reazioni di lettura e dal movimento inquieto e mai soddisfatto della sua scrittura. Vengono qui raccolte centosettanta stroncature, tra le tantissime che su giornali e riviste Raboni ha eseguito, con piglio fervido e un retroterra di letture, discussioni, competenze, consapevolezze e scelte civili che sono inimmaginabili nell’asfittico panorama odierno, così segnato dalla pusillanimità con cui si accolgono posizioni inconstenti e modalità di scrittura banali. Il libro parla di letteratura, cinema e teatro, ma è sempre un libro politico, le cui mosse rapide e spesso contratte richiedono a chi legge di collegarle, metterle alla prova, e intanto rivedere convinzioni, rilevare acquiescenze e cedimenti al panorama circostante. L’intensità di scrittura, l’acutezza del giudizio, l’appropriatezza del bersaglio donano a chi legge una vera gioia, che si rinnova di pagina in pagina; e accanto ai rifiuti e alle perplessità, si vedono spesso e sono nominate con estremo rispetto le scelte di Raboni: una per tutti, Fortini. In altri casi, come per esempio a proposito di un romanzo di Pontiggia, l’acume e la precisione con cui Raboni indica perplessità sul lavoro di uno scrittore che evidentemente stima hanno spinto l’autore a una riscrittura lenta e puntualissima del romanzo, che oggi leggiamo in una redazione assai più bella. Non è responsabilità di Raboni se così rara è la qualità umana e intellettuale di Pontiggia rispetto ad altri scrittori; e certo no, non è stato meglio, stare zitti e adattarsi a paesaggi spesso solo intravisti e presto accettati.
Vista la quantità di materiale che Raboni scrisse in qualità di critico e citate nell'amplissima bibliografia, immagino che questa raccolta sia un florilegio delle sue stroncature, amorevolmente raccolte da Luca Daino. A parte le primissime, nelle quali dopo aver parlato malissimo di una certa opera alla fine diceva quello che gli era piaciuto (in cauda mel), lo stile si è rapidamente stabilizzato, con una soffusa levità di aggettivi per spiegare come le sue stroncature derivassero da un suo pensiero di base su cosa dovrebbe essere la letteratura e su come molti autori (Calvino ed Eco in primis) avessero fatto il passo più lungo della gamba. Immagino che il "militante" del sottotitolo si riferisca a questo. La forma della raccolta mi è risultata però un po' pesante soprattutto alla fine, quando sono aumentati i lamenti contro lo stato generale della letteratura italiana e si è insinuata una certa ripetitività. Meglio insomma centellinarsi il libro!
Recensioni garbate, compite e in molti casi spassose. Raboni sa farsi capire da un pubblico variegato, senza mai rinunciare al suo stile e alla sua onestà intellettuale. Nel suddetto volume vengono commessi molti "sacrilegi" culturali ma non sono mai infondati o approssimativi, anzi, le ragioni della stroncatura vengono spiegate con eccellente limpidezza, autentico rigore, e forse, in taluni casi riusciranno anche a farvi vedere sotto una luce nuova, più umana e meno fallace, tanti "maestri" che vengono, fin troppo precocemente e superficialmente canonizzati non per reali meriti, ma per mancanza di meglio.
Recensioni
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