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scheda di Comba, A., L'Indice 1993, n. 4
Protagonista di questo poema è uno 'yaksa'. Ma che cosa sono gli 'yaksa'? Driadi, demoni, folletti, orchi, spiriti o geni? Sono benevoli o malvagi? Tutto questo e altro ancora. Già menzionati nei "Veda", gli strani esseri giungono attraverso la letteratura buddhista perfino in Tibet, dove ricevono il nome di 'gnod-sbyin' e si annidano sugli alti passi di montagna in attesa dei viandanti. Lo 'yaksa' di Kalidasa è un servo del dio della ricchezza, Kubera. La sua negligenza gli ha attirato l'ira funesta del dio: dovrà rimanere in esilio per un anno, lontano dalla meravigliosa città di Alaka, lontano dalla sposa adorata. Tristissimo, lo 'yaksa' si strugge d'amore. Quand'ecco un nuvolone monsonico che sfiora il pendio del monte, come un elefante che giochi con un monticello di terra: a lui lo 'yaksa' affiderà un messaggio per consolare l'amata. Le immagini con cui viene prefigurato il viaggio del "nuvolo" attraverso l'India sono bellissime, anche se forse solo il sanscrito del voluttuoso metro 'mandakranta' permette di gustarle fino in fondo. Ma il culmine della tensione poetica viene toccato verso la fine, quando il nembo giunge alla casa della donna "dagli sguardi di timida e giovane cerva", che "con i fiori, deposti per terra sulla soglia, conta i mesi che la separano dalla fine del distacco". Molte volte tradotto in italiano, il celeberrimo "Nuvolo messaggero", già ammirato da Goethe e da Humboldt, è qui presentato in una nuova traduzione di Brunilde Neroni che segue da vicino quella di Giuliano Boccali (Editoriale Nuova, Milano 1980), con esiti alterni.
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