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Mauthausen, bivacco della morte - Bruno Vasari - copertina
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Mauthausen, bivacco della morte
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Mauthausen, bivacco della morte - Bruno Vasari - copertina

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1991
1 aprile 1995
59 p.
9788885943612

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monica
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Testimonianza sugli orrori in Mauthausen, brevi parole per una grande tragedia, l'autore non lascia trapelare le sue emozioni lascia che sia il lettore a commuoversi e inquietarsi.

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scheda di Cases, C., L'Indice 1992, n. 6

Meritoria ristampa di un libretto pubblicato nel 1945 e da tempo introvabile. Il tono protocollare si spiega con il carattere di relazione ufficiale a un partito (quello d'Azione). Ma è proprio esso a conferire alla narrazione l'oggettività di un documento che ha bisogno di rendersi autorevole attraverso date, cifre nomi (che in questo contesto di partito appaiono spesso risaputi: "Con noi c'era pure il Belli, il quale, come apparve poi chiaramente, ci aveva traditi..."). "Fui arrestato per la strada il 6 novembre 1944" comincia il primo capitolo. E il secondo: "Il 23 novembre in autobus fummo trasportati a Bolzano...". Il terzo: "Ci caricarono in 66 in un vagone merci...". E così, già ridotto a cifra, Vasari giunge a Mauthausen, a pochi mesi dalla fine della guerra, ciò che spiega la sua sopravvivenza accanto al fatto che Mauthausen non è un campo di annientamento come Auschwitz. Ma poco ci manca. I privilegi degli "ariani" di fronte agli ebrei, nel mangiare e nel vestiario, vengono a cadere quando l'avanzata russa inonda Mauthausen di detenuti provenienti da altri campi, che giungono in uno stato inenarrabile. "Gli ammalati, - continua a registrare Vasari, che era stato presto ricoverato nell'ospedale del campo - furono ammassati a 4, a 5, persino a 6 nei letti di m. 1,80 x 0,80 senza riguardo alle loro condizioni: furono così trattati anche dei pneumonitici e degli erisipelatosi con febbre a 40 gradi". Il nudo linguaggio delle cifre è più eloquente di qualsiasi discorso. Nonché il linguaggio della gerarchia del campo (Blockfriseur e simili), su cui insiste Colombo nella sua prefazione. Alcune terribili pagine parlano dell'assurda situazione degli ultimi giorni, quando gli alleati erano già giunti a Buchenwald, eppure i tedeschi con la loro abituale ipocrisia continuavano a promettere ai detenuti una sistemazione migliore per poi eliminarli nelle camere a gas. Sulle ragioni di questo incredibile comportamento anche Vasari si pone degli interrogativi. "Suprema vendetta o volontà di togliere di mezzo i futuri testimoni e accusatori?" Vasari propende per la prima ipotesi. In questa prima testimonianza troviamo già lo stupore dell'italiano incline all'umanismo di fronte a un'incomprensibile barbarie e in generale Vasari insiste sulla resistenza del carattere italiano e lamenta l'esistenza di pregiudizi che non permettono agli stranieri, anche a Mauthausen, di coglierne gli aspetti positivi.

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