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Il bello di non avere un autore preferito - o, più in generale, un genere o un periodo storico preferiti - e di frequentare la lettura in primis per motivi di lavoro, ma anche e soprattutto per passione è la libertà di scelta pressoché totale. Ciò comporta talvolta delle delusioni - capita ad esempio di acquistare un libro per pura curiosità o attratti dal titolo o dalla copertina e poi la lettura si rivela mediocre - ma sono ampiamente ripagate dall'imbattersi di tanto in tanto in autentiche scoperte. Come nel caso di questo godibilissimo breve romanzo di Maria Antonietta Torriani, alias Marchesa Colombi, già amato in passato da due lettori di certo più che competenti quali Natalia Ginzburg e Italo Calvino. Si tratta del racconto di fantasia dell'educazione sentimentale di una giovane della piccola borghesia novarese di fine Ottocento, Gaudenzia Dellera, le cui vicende familiari e affettive si svolgono nell'arco di circa quindici anni, dalla prima giovinezza sino al matrimonio. La trama di certo non è particolarmente originale, ma sono rimasto davvero colpito dalla pulizia del linguaggio, dallo stile veloce e argutissimo, e dalla capacità di essere tremendamente realista, più di tanto verismo coevo. Una bella pagina di letteratura piemontese da una regione che ha tardato molto a entrare nel circuito della letteratura italiana, ma che negli ultimi due secoli ha recuperato molta parte del terreno perduto in precedenza. Eccellenti la resa della psicologia della protagonista e la capacità di far immergere il lettore nelle nebbie dell'inverno padano. "Dopo quel grande avvenimento ci fu un lungo periodo, assai lungo, durante il quale non accadde assolutamente nulla. Un periodo uggioso e grave tutto pieno di faccende di casa, di discorsi scipiti, di abitudini che si ripetevano a tempo fisso" (p. 121) "Ero sconfortata, perché dinanzi a quell'uomo positivo e nella nebbia delle sue risaie, vedevo svanire i miei sogni sentimentali" (p. 131). Come Pascoli, ma senza morbosità.
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