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Nella tradizione filosofica occidentale, la nozione di «materia» si è in generale presentata mediante una serie di qualificazioni negative: fonte del disordine, del caos, del male e dell’incomprensibile indeterminatezza del contingente, essa indica quel «concetto residuale» che dev’essere il più possibile circoscritto, ridotto ed eliminato dallo sviluppo della forma e della capacità di ragione, sia attraverso la trascendenza immateriale dell’«anima» e dello «spirito», sia nell’immanenza della conoscenza scientifica e delle sue determinazioni quantitative. Ma il fenomeno originario della materia vivente, così come del corpo organico, animato e vissuto, decreta il fallimento delle soluzioni dualistiche e, al tempo stesso, rivela la matrice ideologica di ogni riduzionismo unilaterale, costringendo le scienze fisiche e biologiche a fare i conti con l’ontologia e con le conseguenze etico-pratiche che derivano dalle nostre assunzioni riguardo alla «realtà».
Il presente studio intende proporsi come un’introduzione alle tematiche filosofico-biologiche della vita e dell’etica, sia dal punto di vista storico-concettuale, sia dal punto di vista della riflessione teoretico-analitica sulle principali questioni riguardanti il rapporto tra l’ontologia, la ricerca scientifica e le ricadute sul piano etico-morale degli sviluppi tecnologici. Attraverso un confronto con l’opera del filosofo tedesco Hans Jonas (1903-1993), vengono analizzate le principali posizioni riguardo al significato della vita, al posto dell’uomo nel mondo e alle conseguenze delle sue condotte rispetto a se stesso e alle generazioni future. Da tutto ciò risulta un quadro problematico articolato, in cui le istanze ontologiche e «fondazionali» della vita si collegano alle nuove prospettive etiche della «responsabilità» che emergono all’interno della civiltà tecnologica contemporanea, in contrasto sia con l’etica tradizionale o della «prossimità dei fini», sia con il convenzionalismo etico di matrice empiristica e relativistica.
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