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Una premessa doverosa per chi pensasse che questo libro sia uno dei tanti che tratta l'infinito matematico "classico": gli autori sono della scuola dell'analisi non standard, quella dove gli infinitesimi esistono davvero e non sono i fantasmi di quantità evanescenti sbeffeggiate da Berkeley. Per chi si ricorda a malapena la matematica delle superiori, a scuola si tende a nascondere sotto il tappeto il fatto che la retta dei numeri reali non è l'unico modello possibile, a meno che non si assuma la cosiddetta proprietà archimedea: che cioè dati due numeri positivi diversi da zero è sempre possibile trovare un multiplo di ciascuno di essi che è maggiore dell'altro. Ma già Euclide sapeva che l'angolo (curvo) tra una circonferenza e la sua tangente è positivo ma minore di un qualunque angolo (diritto)! Il libro quindi rilegge la storia dell'infinito attuale da questo punto di vista, mostrando così come la nostra idea del continuo - nata fondamentalmente da Dedekind - non è l'unica possibile: basta non accettare la proprietà archimedea. Gli autori si dilungano a mostrare, sia storicamente nella prima parte che in pratica nella seconda, come si possano scegliere altri assiomi di partenza: tra l'altro fanno presente che l'analisi non standard di Robinson non è l'unico approccio possibile, mostrando per esempio la loro teoria Alfa che porta a risultati interessanti come mostrare che ω, l'ordinale che corrisponde alla successione {0, 1, 2, ...}, è un numero dispari :-) Le connessioni con la teoria cantoriana sono ben spiegate, pur senza entrare nei dettagli tranne che nelle ultime pagine. Tra l'altro mi sono piaciute le divagazioni sull'albergo di Hilbert, con la portinaia sfaticata, il nuovo assunto fricchettone e le dependance... In definitiva, un testo prezioso per vedere i numeri in modo diverso dal solito.
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