Martin Salander

Ci sono e ci saranno sempre occhi ed animi inadeguati agli scossoni della vita, ai voltafaccia del tempo, al gioco di un nuovo che travolge, sgretola e inaridisce coi suoi credi concreti, le sue perfidie, lasciandoli infine per strada come inetti alla loro solitudine. Quei candidi, quei mai pronti, quegli inabili a stare al passo che mantengono un dentro come ignaro dei salti del progresso, dei mutamenti sociali, scoprendoli tardi e non riuscendo comunque a gestirli con capacita'e accettazione. Martin abita quest'indietro, questa periferia del reale, e ancora si illude che anche gli altri (la sua famiglia anzitutto) possano vivere in quella sfera intatta. Non ha fatto i conti col Male, con le serpi striscianti del cinismo, con le regole del profitto a tutti i costi, con una discendenza che ormai lo ha abbandonato. Questo il nodo del romanzo, una ruralita' sana e nostalgica che deve cedere il fiato al rumore delle prome industrie, a un capitalismo in fasce che pero' gia' stritola imponendo le norme di un dentro e un fuori. Il sorpasso sara' schiacciante, e lo spaesamento, di conseguenza, inevitabile. Le sorti di questo smarrito pero' emozioneranno, ogni suo alito deriso e scansato avra' la forza di imprigionare al contrario liberando dunque nel lettore una gioia per quell'ottusa coerenza che non si vendera' mai.