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Un giovanissimo Théodore Daquin, poliziotto con un fiuto particolare per gli intrighi finanziari, alle prese con i disordini razziali nella Marsiglia del 1973. Un noir che tocca il tema sempre attuale dell'immigrazione e non risparmia la critica sociale verso un universo criminoso stratificato che unisce vittime e violenti, criminali di strada e poliziotti corrotti.
Marsiglia, 1973. Malek Khider, un ragazzo nato in Francia da genitori algerini, è ammazzato per la strada da un gruppo armato a bordo di due automobili. È l'estate, in città, di un'ondata di violenza antiaraba, poi passata alla storia, scatenata dall'atto criminale di uno squilibrato. Nella metropoli marittima, porto di sbarco dei pieds noirs, gli ex coloni francesi reduci dall'Algeria dopo l'indipendenza, si era impiantata una numerosa e potente comunità, che nel tempo ha infiltrato, con le sue organizzazioni di esaltati, affaristi e frustrati, i poteri locali e di polizia. Ma l'assassinio di Malek è particolarmente odioso. Studente sedicenne, di una tranquilla famiglia integrata da anni, benvoluto nel quartiere, era uscito di sera per il primo appuntamento con una ragazza. Ucciso solo perché si trovava lì: bersaglio di uno dei tanti raid con decine di morti. L'indagine del «parigino» Daquin, commissario della polizia giudiziaria, si avventura con molto rischio lungo la rete di coperture, complicità, interessi, depistaggi, opportunismi, connaturati razzismi, pigrizie, difese dell'ordine costituito. Nessuno si sarebbe aspettata tanta tenacia. Ma lui, bisessuale e amante della bella vita, è uno di quegli strani realisti dotati di senso del dovere professionale e capaci di idealismo soprattutto quando sentimenti di pietà li toccano. Inoltre, è solo fino a un certo punto: accanto a sé, i due capaci ispettori Grimbert e Delmas che si è scelto, e anche una resistenza civile che si risveglia contro le discriminazioni. Così scopre dietro tutto una strategia articolata, che ha radici profonde e ambizioni pericolose. Il romanzo di Dominique Manotti rivela un panorama sociale che ha molti strati, alternando, come in tutti i suoi libri, fatti storici (molti e accurati) e finzione. Racconta un'inchiesta di polizia con la sua ansia del giorno per giorno, che usa tutte le tecniche di indagine, ma descrive da vicino l'intera gamma di attività che si svolgono attorno: di avvocati volenterosi, sbirri corrotti, pubblici ministeri, centri d'ordine segreti, implicazioni politiche, proteste sociali, azioni sporche, giornalismi, affari di caporioni razzisti. I tanti volti di un delitto come fisiologia sociale del razzismo.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il ritorno del commissario Daquin, scomodo protagonista del precedente bellissimo romanzo "Oro nero" in questo libro, si trova a dover fronteggiate altri servizi di polizia palesemente corrotti e conniventi con la parte politico-giudiziaria razzista e la società anti immigrazione. La scrittrice, a mio parere, ci fornisce una formidabile e lucida disamina della Marsiglia che deve fare i conti con la cacciata dei francesi dall'Algeria con una prosa scarna ed essenziale, quasi di stampo giornalistico che viaggia alla velocità di un TGV. Ancora una volta al pari di Jean Claude Izzo una autrice francese ci fa capire come e perché alle elezioni francesi del presidente della repubblica per la seconda volta si è andati al ballottaggio con il "Front National" di Marie Le Pen. La Polizia francese è in gran parte costituita dalla destra più radicale e gli ex appartenenti alla famigerata O.A.S. e come tale si adopera per impedire la coesistenza tra i residenti, i rimpatriati cacciati da Boumedien, i cosiddetti "pieds Noir'e gli immigrati algerini.. Sembra che la storia si ripeta. Sono passati quasi cinquant'anni ma non è cambiato nulla, sia da loro che, pur toppo, da noi in Italia. Assolutamente da non perdere questo formidabile romanzo.
Recensioni
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